mercoledì 4 gennaio 2012

Sacrosanto diritto di disobbedire




           Con questo mio secondo intervento vorrei stimolare una riflessione partendo dalla domanda iniziale che io stessa spesso mi sono posta. Da sempre, ma in particolare negli ultimi tempi, la parola "governo" è stata ripetuta, con diverse accezioni, fino allo sfinimento. Tuttavia, non abbiamo più il coraggio e l'immaginazione necessaria per chiederci se veramente abbiamo bisogno di un'oligarchia di potenti autorizzati a governarci. Al contempo ci sentiamo spesso schiavi di un sistema che non ci va bene, vittime di ingiustizie compiute dallo Stato stesso e abbiamo sempre paura di metterci in discussione, ci crediamo in torto noi perché, in fondo, se c'è una legge è fatta per essere rispettata e qui la nostra coscienza individuale si inginocchia, esattamente come fece Socrate che non si ribellò alla propria assurda condanna pur di non trasgredire le leggi.
Ad esempio, Equitalia è diventata ultimamente il simulacro dell'ingiustizia, dello strapotere, arriva ad essere definita "strozzinaggio di Stato" e tutti sembrano essersi finalmente resi conto che preferire il denaro, i numeri e le cifre alle vite delle persone non è esattamente quello che ogni uomo dotato di un minimo di coscienza si augurerebbe. In certe manifestazioni dello Stato si ha il dovere di ribellarsi, si ha il dovere di assumersi le proprie responsabilità e prendere una posizione.
           Ma fino a che punto l'autodeterminazione può influire sullo Stato? e il nostro senso di giustizia può sentirsi limitato? Quando i governi democratici danneggiano, in qualunque modo, lo stesso popolo che li ha eletti, sono ancora legittimi? E se non ci fosse nessun governo e governassero il senso di giustizia, la coscienza di ognuno? Purtroppo la facile obiezione è che ormai abbiamo un'idea di interesse comune che è solo l'intersezione degli interessi privati e che se tutti ci affidassimo alla nostra autodeterminazione ognuno finirebbe per avvantaggiare solo se stesso. La soluzione sarebbe scacciare definitivamente il concetto "HOMO HOMINI LUPUS" e recuperare il senso dell'uguaglianza che dovrebbe permetterci di partire da un via in cui nessuno è avvantaggiato rispetto all'altro, in cui nessuno ha l'ossessiva brama di arrivare primo ad ogni costo in una gara infinita verso un obbiettivo che non esiste.
"Deve il cittadino, anche se solo per un momento, od in minima parte, affidare sempre la propria coscienza al legislatore? Perché allora ogni uomo ha una coscienza? Io penso che dovremmo
essere prima uomini, e poi cittadini. Non è desiderabile coltivare il rispetto della
legge nella stessa misura nella quale si coltiva il giusto. Il solo obbligo che ho
diritto di assumermi è quello di fare sempre ciò che ritengo giusto.
Si dice
abbastanza correttamente che una corporazione non abbia coscienza; ma una
corporazione costituita da uomini di coscienza è una corporazione con una
coscienza. La legge non ha mai reso gli uomini neppure poco più giusti; ed anzi, a
causa del rispetto della legge, perfino gli onesti sono quotidianamente trasformati
in agenti d'ingiustizia. Un risultato comune e naturale del non dovuto rispetto per la
legge è il seguente, che potresti vedere una fila di soldati, colonnello, capitano,
caporale, soldati semplici, trasportatori di esplosivi, tutti che marciano verso le
guerre in bell'ordine, per monti e valli, contro la propria volontà, ahimè, contro il
proprio buon senso e le proprie coscienze, cosa che rende la marcia molto faticosa,
e che produce una palpitazione del cuore. Essi non hanno dubbi sul fatto d'essere
coinvolti in un maledetto pasticcio; sono tutti uomini d'animo pacifico. E ora, cosa
sono? Uomini? oppure fortini e depositi di armi ambulanti, al servizio di qualche
potente senza scrupoli?"
[DISOBBEDIENZA CIVILE-Henry David Thoreau]

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