domenica 7 aprile 2013

L'amore di Raulf

In quel tempo era Raulf  a dividere il mio letto e non solo quello;
vivevamo in una casa solitaria: una vecchia casa colonica  rimessa a posto con tutti i crismi.
Al primo piano c'era una grande zona giorno  e al secondo il nostro rifugio invernale:  due camere, due bagni, un salottino con angolo cottura e un grande camino ad angolo.
Io e  Raulf, compatibili in tutto per tutto, trascorrevamo la stagione fredda nascosti fra le quattro mura, mettendo il naso fuori solo per la passeggiata giornaliera e per ritirare la spesa, che ordinavamo ogni giorno telefonicamente e che ritiravamo  in fondo alla strada.
La cosa che ci piaceva di più della nostra abitazione e di dove era collocata, era la solitudine completa, infatti, non c'era presenza umana  per un'area di circa sei chilometri.
Passavamo le nostre giornate felici,  io divorando libri gialli e lui dormendo e russando. Una coppia come tante...
Poi accadde  un fatto che disturbò oltremodo la nostra quiete.
Ancor prima che qualcuno c'informasse che una famiglia aveva deciso di comprare un rudere a circa trecento metri da casa nostra, arrivarono  alcuni paesani armati di motoseghe per tagliare le piante del possedimento del vicino che confinava  proprio col nostro.
Noi, chiusi in casa,  convinti di star vivendo il peggiore degli affronti, spiavamo i camioncini dei tagliaboschi percorrere la salita, che porta a casa nostra, e inoltrarsi nel bosco.
Tutto il giorno dall'alba al tramonto, essi lavoravano con quegli attrezzi, invadendo anche la nostra intimità,con quel rumore infernale che non faceva altro che riacutizzarci il dolore per la loro presenza.

Minuto per minuto, vedevamo dalle finestre,   le piante, dalle chiome folte, cadere a terra...
Eppure esse avevano resistito, per tanti anni, al ghiaccio alla siccità  e al caldo, e adesso che erano riuscite a crescere e a protendere le loro fronde verso il cielo venivano abbattute senza pietà.
La notte io e Raulf non riuscivamo più a dormire, le urla di dolore della foresta ci tenevano svegli.
Lui piangeva la sua malinconia, si sa:   i maschi vorrebbero che le cose che amano rimanessero immutabili per sempre, e io lo accarezzavo per rassicurarlo.
Ci eravamo appena adattati, riuscendo ad addormentarci per alcuni minuto, e quella mattina,  quando Raulf scese a fare la sua passeggiata, rimasi a letto.
 Non ero riuscita ad addormentarmi per le urla di disperazioni del mio compagno che piangeva il lutto per tutte quelle morti.

Stavo appena per riaddormentarmi quando ho udito Raulf gridare forte.  Allora sono scesa in ciabatte e in vestaglia e quando sono arrivata al piano terra ho temuto per Raulf, la sua voce soffocata da lì sembrava arrivare da molto lontano.
Prima di uscire ho preso dal cassetto, della cucina estiva, un lungo coltello temendo che i lupi lo avessero attaccato.


 Ho camminato a lungo arrampicandomi a fatica per i boschi calvi,  chiamando il suo nome, ma niente. Soltanto concentrandomi  mi sembrava di avvertire una specie di guaito lontano che mi faceva disperare e mi faceva correre più velocemente.
Non so bene dove ne' quando ma a un certo punto mi è sembrato di avvertire qualcosa sul ciglio della strada   Cosa?

Ecco non lo so,  un’ombra, un movimento, una sensazione...
Mi trovavo nella strettoia a pochi metri dalla catapecchia del vicino e quella cosa, mi rassicurava,  ma rimasi immobile senza fare un passo verso quell'essere animato.
La vidi, una specie di tronco animato orizzontale sul terreno, si scuoteva in un lungo tremito.


Mi mossi   verso quella direzione : un corpo dilaniato  sussultava sul terreno  saltellando come una tartaruga rovesciata…
 Erano stati attaccati, dov'era Raulf e soprattutto chi era quel tizio?  La mia voce si spezzò in un pianto disperato
- Raulf!- Raulf- gridavo come una pazza, mentre anche il tronco muggiva.
Che fare?  Provai ad avvicinarmi  all'uomo senza gambe che pisciava sangue come una fontana, non sapevo come agire per aiutarlo e chi chiamare ma soprattutto m'inquietava la mancanza del mio  Raulf.

Così scappai  all'inseguimento del mio convivente, dopotutto quell'uomo non sarebbe campato a lungo. Ricominciai a chiamare il mio compagno.
- Cosa era successo?- mi chiedevo intanto.

A un tratto un rumore nel bosco rado   richiamò la mia attenzione.
Un cane dilaniava dei brandelli di carne insanguinata.
indietreggiai impaurita cercando di sparire dalla sua vista.
Nascosta dietro un fuoristrada, probabilmente del nuovo vicino,  guardavo quella scena ripugnante sempre temendo per il mio  Raulf.


 Mentre cercavo di sgomberare la mia testa dalle scene terribili che avevo appena visto, qualcosa mi toccò la gamba destra. Trasalii.
Un  grosso cane  cercava di leccarmi la mano destra che io ritrassi subito, schifata dall'odore di sangue che  impregnava il suo pelo..
La bestia se ne accorse subito e cominciò a premermi sulle gambe in cerca di un contatto..
Ero terrorizzata, non sapevo che fare, quella fiera avrebbe divorato anche me… sentii che presto mi sarei lasciata andare e lui mi avrebbe sbranato
Poi  la bestia  abbaiò e io lo riconobbi, era il mio Raulf.
Cosa potevo fare a quel punto  se non nascondere le tracce dell'aggressione?
Raulf per me era tutto ed ero certa che egli avesse attaccato il vicino, se era il vicino,  per me, per la mia quiete...
Così  raggiunsi il luogo dove il mio compagno aveva consumato il suo pasto e controllai se erano rimasti dei resti sul terreno.
 Tornai dall'uomo, che Raulf aveva attaccato, che  continuava a grugnire e a tremare.
Non me la sentivo di seppellirlo vivo,  allora lasciai che il mio amico se ne cibasse e poi seppellii  tutti i resti.

Mi spogliai di tutti i miei vestiti  e delle ciabatte  e corsi in casa a prendere  del cherosene, lo cosparsi sull'auto e ci gettai sopra il mio accendino.

Quando tornai a casa riposi il coltello e portai Raulf nel bagno dove lo lavai a lungo col bagnoschiuma alla lavanda, infine, lavai anche me.

 Mi accomodai ancora bagnata con l'accappatoio addosso, davanti al camino con una tazza di te caldo fra le mani, ancora troppo scossa dagli eventi…
Raulf ,allora, si accucciò sulle mie gambe, lo accarezzai sulla testa come piaceva a lui.
Dalla portafinestra della veranda, intanto,  le fiamme dell'incendio illuminavano a giorno il cielo.
Ritrassi lo sguardo quasi subito,  il russare placido di Raulf  mi fece sorridere, la calma era tornata,  sorrisi compiaciuta   prendendo il mio libro da  terra.


L'amore di Raulf - Billa

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