lunedì 15 aprile 2013

ACQUE INQUIETE - terzo capitolo -

Quando, la mattina del venerdì,   videro il Conte Ledo da Volterra, con  le cartelle in mano,   scendere verso gli orti  imboccare la mulattiera che porta al fiume raggiungere il mulino di Gino ed entrare  capirono subito che l'ora della loro vendetta era arrivata.

I contadini, che stavano vangando i campi confinanti alla terra del mugnaio  cessarono di lavorare e  le donne nelle case, chiamate dai fischi degli uomini, si fermarono nelle aie con lo sguardo fisso sul mulino, tutti erano sicuri che  il rompiballe da Volterra stesse andando da Gino a riscuotere le tasse e non vedevano l'ora che l'ometto reagisse e si comportasse come sempre...

Il mugnaio  un uomo di poco più di cinquantanni  non troppo alto ma massiccio e forzuto  era  facile ad alterarsi e a ricorrere e alle mani per un nonnulla.


Di lui si diceva che avesse ucciso un asino a cazzotti, solo perché non tirava bene la carretta con le balle della farina macinata.  Chissà in che modo avrebbe punito il Conte per la sua insolenza?

Ma quando, dopo una mezz'oretta, videro Ledo risalire il sentiero tutto intero, rimasero a bocca aperta in silenzio fino a quando Giulianin, il garzone,   urlò forte
 – gli ha fatto pena  anche a lui!- allora tutti scoppiarono a ridere e si rimisero al lavoro di buon umore

.
Il mugnaio, stranamente,  non aveva fatto storie, aveva accolto Ledo e i suoi uomini gentilmente e aveva pagato tutti i suoi debiti al Conte, senza replicare, anche perché era certo che prima o poi i suoi soldi li avrebbe riavuti indietro  tutti e con gli interessi.



Infatti  ogni giorno lo vedeva arrivare, tentennando pericolosamente sui sassi del fiume, e lo guardava sdraiarsi a fatica sullo scoglio per spiare le nudità di sua figlia. Gli sarebbe bastato puntargli il fucile alla testa per farlo secco al primo colpo, ma non era il momento giusto, stava già preparandogli un conto ben più salato che gli avrebbe servito presto.



 Ignaro il Conte da Volterra ogni giorno si recava sul fiume a spiare la ragazza.

La donzelletta s'immergeva in acqua per qualche minuto poi si alzava in piedi mostrandosi in tutte le sue bellezze: i capelli neri, bagnati, le scendevano lungo i fianchi, la bocca carnosa, il collo lungo candido, il seno sodo, i fianchi ben torniti.

Immaginatevi il giovane si sentiva morire dall'eccitazione e  ogni volta che quella Dea riemergeva dalle acque, come se lo facesse apposta,  gli rinnovava quel desiderio due tre quattro volte, sempre più forte.

Ledo la bramava da morire, avrebbe voluto prenderla fra le sue braccia, baciare la sua bocca a lungo, sollazzarsi con lei sotto le lenzuola.

Mentre il Conte impazziva dal desiderio,  con le guance in fiamme e il ventre teso, Gino rideva sotto i baffi dietro la finestra,  sicuro che il Conte non avrebbe potuto resistere a lungo.

Così accadde la mattina del giorno seguente quando i valligiani videro il Conte
tornare al mulino.

 Gino, lo stava aspettando da tanto tempo,  seduto e con i gomiti sulla tavola che aveva già apparecchiato con del pane fresco, due bicchieri e un fiasco di vinsanto.
Quando sentì bussare alla porta si alzò e andò ad aprire sfoderando uno dei suoi sorrisi più
Falsamente cordiali.


I due uomini sedettero alla tavola uno di fronte all'altro, il Duca alto, ben piazzato,  implorava Gino, piccolo ma robusto come un toro di concedergli la mano di Fausta e l’ometto scuoteva la testa, fino a quando, un’oretta dopo, il nobile propose al mugnaio di pagargli una discreta sommetta come dote e allora Gino cominciò la trattativa.

Ogni volta che il Duca rinnovava la proposta di matrimonio,  piazzando nel centro della tavola un bel mucchietto di fiorini, il mugnaio rilanciava
posando sul piatto della bilancia, ora la bellezza della figlia, ora le sue virtù, ora la sua pelle candida,  ora la purezza .garantita da lui in persona e dal suo fucile carico.


La trattativa durò a lungo e si arrestò solamente quando Gino  percepì che i fiorini ammucchiati sulla tavola,   gli sarebbero bastati  a garantirgli una vecchiaia serena allora  accettò.

Il conte Ledo da Volterra felice abbracciò il vecchio. Si riempirono i calici e   bevvero qualche bicchiere di vinsanto per festeggiare poi Ledo uscì.

I contadini che stavano aspettando che l’uomo uscisse dal mulino, ancora con le zappe ferme, lo
fissarono sbalorditi seguendo il suo cammino con lo sguardo fino a che raggiunse la strada che saliva all'albergo e spari all'orizzonte.

  A vederla dall'alto quella scena sarebbe potuta sembrare un domino. Quando l’uomo passava chiunque distoglieva l’attenzione dal proprio compito per fissarlo perplesso, così fecero i braccianti sui campi alti, ai bordi della strada, poi le donne dalle aie, infine i negozianti dalle botteghe e la stessa locandiera che se lo vide passare davanti e   rientrare in camera.

Allora  si alzò un vocio  che dal paese raggiunse i campi
  “Che cosa aveva a che fare il Conte con il mugnaio?”


Ledo,   appena entrato nella sua stanza  si mise alla scrivania prese la pergamena intinse il pennino nel calamaio e scrisse

-Carissimo zio,

il vostro affezionato nipote vi scrive  per informarvi che nelle montagne è tutto sotto controllo e   che la vostra fiducia non è stata riposta  invano. 
Ha nominato   3 guardacaccia, contro il bracconaggio, ha  fatto recapitare agli abitanti di Acquanegra le gabelle, chiesto l’aumento per l’imposta del vino. E’ inoltre  lieto d’informarvi che ha trovato moglie. Sposerà il quinto giorno di Maggio Fausta, la figlia del mugnaio di Acquanegra, e si stabilirà con lei   a palazzo Guidi, dove oggi stesso inizierà i lavori di manutenzione.
Non osando in cuor suo chiedere la vostra presenza al matrimonio vi manda i suoi più cari saluti, a voi, e a tutta la vostra famiglia.

 Conte Ledo Da Volterra -

Rilesse più volte la lettera, avrebbe voluto togliere e aggiungere parole ma era troppo agitato e la imbustò, e le appose i sigilli..
 Scrisse poi  a  suo cugino Anarco e a sua moglie, felice di dargli quella notizia e desideroso di fargli conoscere Fausta, sicuro che il bellimbusto sarebbe sbiancato dall'invidia.
  In confronto alla sua Isabella, che aveva più nobiltà che bellezza,  la sua sposa sarebbe sembrata una Dea e bene gli sarebbe stata a quell’Anarco che si sentiva il più bello e il più bravo  della famiglia.
Tirò un sospiro di sollievo poi  redasse la missiva per i suoi
 genitori per informarli delle nozze.

 Con il suo testone, da giovane manzo, chino sul foglio,  egli buttò giù sulla carta tutti i suoi sentimenti, lesse e rilesse più volte quella missiva melliflua, la sigillò con la ceralacca e si lasciò andare al gradito  ricordo degli occhi, due, e dei seni due, della sua Fausta.

I   preparativi delle nozze gli donavano una nuova energia così nonostante l’amore che gli faceva girare la testa, qualche ora dopo,
s’incamminò  verso il Palazzo Guidi, per un sopralluogo.


Senza nemmeno scendere dal cavallo Ledo elencava ai suoi uomini i lavori da fare per rendere la villa più accogliente mentre il valoroso Comandante Tonio Stefanelli, li annotava  con cura sulla carta.




Il giorno dopo, all'alba  si sarebbe messo in viaggio per consegnare le missive personalmente al Granduca  e a suo nipote Learco ai Conti Da Volterra, e ai Grezzi i lavoratori della pietra di Firenze che avrebbero costruito alla sua sposa la più bella delle ville..
.Dopo il sopralluogo alla villa, il Conte, non riuscendo a pensare ad altro,  tornò nel mulino di Gino per conoscere meglio la futura moglie, sul fiume.

Quando in paese si seppe del fidanzamento del Duca Ledo da Volterra con la pazza, quella sera, all'osteria, gli acquanegrini si sbellicarono dalle risa, il Conte  discendente dei Guidi avrebbe sposato la figlia di Gino,il mugnaio, la pazza.
- E' proprio il piede per la sua scarpa!- esclamò Giulianin, facendo scoppiare dal ridere tutti.
- A chi avrebbe potuto farla sposare se non a un forestiero, per giunta coglione?- aggiunse energico per farsi sentire da tutti i paesani che si stavano già scompisciandosi dalle risate.



Poi quando, alla fine della serata, tutti gli uomini del paese confessarono, ebbri d'alcool, all'oste di aver posseduto Fausta almeno una volta, sul greto del fiume,  raccontando ogni particolare, Filo, l'oste,  offrì da bere a tutti, per l'ultimo brindisi della serata
alle corna della nobiltà.

  billa- il capitolo seguente verrà postato fra due settimane -

2 commenti:

  1. Ora la trepida attesa è per la figlia del mugnaio: quali saranno, se ci saranno, le sue reazioni? Non ci deludere, Billa.

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