sabato 27 aprile 2013

ACQUE INQUIETE -QUARTO CAPITOLO-




Se Ledo aveva ottenuto la mano della ragazza ed era molto felice,  non riusciva, tuttavia,   più a starle lontano, infatti ogni giorno si recava a trovarla.

Purtroppo per lui,  la condizione di fidanzato, se gli aveva aperto la casa di Gino gli aveva chiuso la via del fiume,  visto che il mugnaio non permetteva più a Fausta di prendere il bagno nel fiume.

Così quando ogni giorno, dopo il lavoro, si recava a trovare la fidanzata,  era suo suocero che gli apriva la porta e gli versava da bere poi si sedeva in mezzo ai ragazzi cosicché fosse sicuro che essi rispettassero la buona creanza.


A dir la verità al mugnaio piaceva origliare le paroline  d'amore che Ledo sussurrava a sua figlia  ma nello stesso tempo riteneva che quella presenza, senza dubbio ingombrante per Ledo, faceva parte del suo compito di quasi suocero di cotanto signore .

 Ma il giovane Conte ormai non stava più nella pelle anche perché era squassato dai peggiori timori: la sua fidanzata lo amava davvero ?

Egli era convinto che Fausta fosse la sposa migliore che esso avesse mai potuto trovare, una ragazza  così   giovane e così ben educata da non osare rivolgerli parola.

In cuor suo il Conte Ledo da Volterra  sapeva di non aver mai avuto successo con le donne, nemmeno con quelle dei bordelli, le uniche che aveva frequentato prima d’allora, e  la felicità per quella conquista  insieme al timore di perderla gli toglievano  il sonno.

Il mese di fidanzamento canonico,  per fortuna, trascorse  velocemente e arrivò il giorno tanto agognato.

Lo sposo organizzò  una festa che i suoi parenti, il Granduca, Fausta  e soprattutto  quel bellimbusto di  Learco non avrebbero mai dimenticato .

 Così ordinò così tanta carne e tanto vino e pane da cibare tutta la vallata per almeno  per un mese,  e, poiché egli era buono  e democratico ma soprattutto la sua futura moglie  era , indiscutibilmente,   figlia di quel popolo   invitò alle nozze tutto il paese.


Fece trasportare nella piazza davanti alla chiesa  tavoli  panche e bracieri in così larga misura che  dovevano bastare per tutti i paesani e anche per i forestieri  che si fossero trovati a passare da quelle parti …

 Eppure anche su quella scelta i Valligiani ebbero da ridire,  seppur ci sarebbe stato di che rimpinzarsi senza spendere un fiorino e senza faticare, anche grazie all'ordinanza che  il Conte aveva affisso dovunque e che vietava il lavoro nel giorno delle sue nozze.

All'osteria si parlava solo dei preparativi del matrimonio e di tutti quei soldi che il Conte  stava spendendo  per accontentare una come la figlia del mugnaio..

Addirittura dicevano  che avesse avuto da lamentarsi anche Don Miriano, il priore di Acquanegra, sembrava che  egli avesse detto con le pie donne durante un rosario interminabile   che si l’offerta  del patrizio era stata generosa ma che il Conte aveva esagerato facendo   imbottire la chiesetta,  poco più di una cappella di  campagna, con  migliaia di ceri e di altrettanti  mazzi di fiori  talmente profumati che appena vi si avvicinava si sentiva svenire.

Il sacerdote Aveva addirittura provato  a lasciare aperti i portali notte e giorno ma niente da fare quelle strane piante olezzavano più di prima e lo facevano star male.
A sentir lui l’odore  talmente pungente era penetrato anche nella canonica ammorbando tutte le stanze di quella puzza  pestilenziale.

Alla fine vi aveva posto rimedio annacquando l’acqua dei boccioli con quella del suo pitale, e  l’olezzo  ne aveva avuto beneficio.

Ma, non pago,  si era, nientemeno  convinto che a causa di quel festeggiamento sproporzionato e di quel matrimonio sbilanciato presto si sarebbero abbattute su Acquanegra le ire divine dando il via a tutta una serie di celebrazioni pomeridiane aggiuntive, sermoni e contro benedizioni che scongiurassero il matrimonio.

Ora quelle parole, a poter conoscere i retroscena, erano più il frutto del buon vinsanto donatogli dal mugnaio in segno di ringraziamento, che delle sue credenze ma il giorno delle nozze il suo umore e il suo respiro erano terribili
Anche il Conte il giorno delle nozze si svegliò di cattivo umore, non era riuscito a chiudere occhio per tutta la notte a causa degli arrivi dei cocchi ducali provenienti da Firenze, e soprattutto a causa del  rumore degli zoccoli  di quei cavalli sulle lastre della stalla.

 Ma in fondo una notte insonne non era niente in confronto alla delusione cocente che  arrivò al suo risveglio con la notizia che nessuno dei suoi parenti e tanto meno il Granduca sarebbero venuti ad assistere al le sue nozze.

I cocchieri avevano diffuso la voce che sembrava che a Firenze e a Siena si fosse abbattuta un’epidemia di febbre che aveva steso tutto il Casato.

Sapete, però,  che  se il Conte inizialmente aveva addirittura messo in dubbio che le febbri fossero scoppiate davvero e che i suoi parenti avessero con quella scusa evitato volontariamente le nozze, per la fatica del viaggio, ma si rincuorò subito e si avviò   sorridente verso la cappella.

In chiesa    il valoroso Tonio Stefanelli, informato per tempo dell’assenza dei parenti di Ledo, fece subito  accomodare i suoi soldati nelle panche davanti all'altare accanto al padre della sposa così che non si vedesse troppo quella mancanza, poi si accomodò vicino a Gino che era elegantissimo, vestito di in un bel vestito di velluto con tanto d’orologio d’oro appuntato sul panciotto.

Ledo storse un po’ il naso quando entrò e  lo vide,  lui avrebbe tanto voluto che il mugnaio si fosse offerto di accompagnare all'altare la sposa  ma non c’era stato verso,  Gino caparbio non aveva voluto sentir ragione,  temendo le prese in giro dei valligiani.


Il Conte, così come dettava il galateo, indossava l’alta uniforme che in effetti gli stringeva sulla pancia e un bottone si staccò lasciando al suo posto un lembo di stoffa sfilacciato proprio mentre Fausta percorreva la navata.


Ledo , però, non ci badò perché aveva gli occhi fissi sulla ragazza,   la sua bella Fausta era stupenda.

La giovane  indossava l’abito che la Duchessa Ameriga le aveva inviato in dono ma la taglia dell’abito era evidentemente sbagliata,  infatti il broccato di seta color crema le fasciava le forme come un guanto tanto che la trama del prezioso ricamo era  tirato sulle forme di Fausta come una fionda e
  lasciava trasparire  nientemeno che   la biancheria della ragazza.

 Chiunque avesse visto quella scena, chiunque con un briciolo di sangue blu nelle vene, sarebbe inorridito,  ma Ledo no,era inebriato dalla visione della fidanzata  e quando la ragazza disse di si, si sentì al settimo cielo.
I festeggiamenti  che per tutti durarono moltissimo, per gli sposi durarono poco e all'ora di cena entrarono a palazzo Guidi come marito e moglie.  .

 Ledo, subito, accompagnò la consorte  nella camera nuziale che era ben  pulita e arredata di tutto punto con tanto  di alcova in legno di cedro, coltri di seta e asciugamani di lino ricamato.

 Cosa poteva volere di più adesso che aveva il suo amore vicino? Avrebbe potuto sentire il profumo della sua pelle il sapore dei suoi baci….

Eppure ancora non osava alzare lo sguardo su di lei e tanto meno sfiorarla. Decise allora di ricorrere al ricordo di lei giù al fiume per
aiutarsi e darsi un tono.

 Tante volte forse troppe aveva fantasticato di lei ma adesso che avrebbe potuto prenderla tutte le volte che desiderava ne aveva quasi timore.
 Il matrimonio gli avrebbe da qui in avanti permesso ogni libertà eppure ne aveva troppo timore.

 Ma quando anche l’ultima sottoveste di pizzo cadde sul pavimento e lui toccò per la prima volta quelle carni  si sentì invadere d’amore e, ancora impacciato attese

Fausta lo condusse per le vie della passione educandolo all'arte amatoria  per tutta la notte permettendogli solo all'alba di riposare.

Billa   -il prossimo capitolo verrà postato fra una settimana-

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