sabato 29 giugno 2013

Desiderio di scrivere


Una cosa che mi riesce meglio di parlare è scrivere.
Parlando uso parole che mi tornano comodo più per convincere che per esprimermi.
Scrivendo ciò non mi succede.

In questo caso mi impongo parole semplici, mai complesse.
Producono per me un effetto maggiore dell'uso del grassetto in Word per rimarcare concetti importanti.

Tante semplici parole che accostate le une alle altre producono un ancora di salvezza per la mia vita, facendo di me una parvenza di uomo razionale e per gli altri, spero, uno almeno credibile.

Attestare ciò che si vuol dire con lo scrivere è sinonimo di forza e decisione. Almeno io la penso così.

In arte ciò è iconograficamente difficile da dimostrare, ma io ci voglio ugualmente provare. 

A dimostrazione della fierezza che si prova nel sentire il desiderio di scrivere, porto come esempio una statuetta di 53,7 centimetri, creata nel 2600-2.350 a.C. A Saqqara, in Egitto, ma non si sa creata da chi.

Per vederla occorre percorrere da Firenze circa 1.550 chilometri e recarsi in un uno dei posti più suggestivi del mondo: la città è Parigi; il posto è il Louvre.

Sto parlando dello Scriba, ovviamente.

Un opera importante se non quanto la Gioconda, anch’essa presente in quello stupendo museo.

L’espressione attenta e realistica di quell'opera è spesso presente nella mia mente quando scrivo. Mi piace ricordarla quando alla fine di un capoverso cerco di riflettere su quanto scritto. E quando riesco a trovare la parola semplice in sostituzione di un girigogolo di frasi per esprimere un concetto, soddisfatto, me ne impongo l'uso.

Penso che chi ha creato quella statuetta sapeva bene che quello sguardo doveva essere creato importante: quarzo bianco per la carne, cristallo di rocca per l’iride, ebano per le pupille, tutto incastonato in rame.

Le sfaccettature diverse di come la pietra è stata dipinta; il rotolo di papiro sulle ginocchia; la mano che regge il calamaio lo rendono attivo mentre cerca di registrare i dettami di qualche personaggio importante, come del resto lo era l’incarico che lo scriba rivestiva nell’amministrazione egizia e nella vita religiosa.

Dimostrazione dell’importanza del suo ruolo l’ho potuto verificare anche nel museo egizio vicino a casa mia. Qui esiste una raffigurazione di scriba all'opera.
Anche loro  impugnano con una mano  le loro tavolette di legno con incavi per gli inchiostri , sulle quali è appoggiato l’immancabile foglio di papiro, e con l’altra tengono saldo il calamo con cui scrivono. E anche questa è un opera che risale a più di 3.000 anni fa.

Stesse gesta, stesse attività, stessa importanza data a ciò che stanno facendo.


Scrivere è importante. 
Tramandare è importante.
Ricordare lo è ancora di più.
Riscoprire,  è anche bello. Andare a rileggere, per riappropriarsi di prove tangibili del ricordo.

E  non aver paura di dimenticare, certi che uno scritto è li pronto a sopperire alle debolezze della mente.



Ancora quegli occhi mi ritornano in mente per celebrare una volta di più che è bello vivere, e scrivere, e leggere. Quegli occhi rimangono la consacrazione di tutto ciò.

Concedetemi  un ultima personale disgressione. Quando vidi la prima volta lo Scriba (sono ritornato più volte al Louvre e mi sono sempre soffermato più del solito a lui  davanti, quasi fosse un doveroso rito), dicevo la prima volta, lessi in una guida una cosa che mi colpì molto, non tanto che scrivevano da destra verso sinistra, ma che erano maniacali, un po’ come me.

Viaggiavano sempre portandosi  con se un astuccio di legno nel quale deponevano inchiostri, il pezzo di giunco usato come calamo, insieme al papiro, un mezzo su cui scrivere usato fino al XII secolo d.C. anche dopo l’approdo dell’uso della pergamena.

Mi sorprendo spesso a ridere quando faccio la valigia per andare in vacanza o in trasferta per lavoro: in essa non manca di finire il mio quaderno di appunti e il mio astuccio con tante matite e pennarelli colorati proprio come con le loro preziose cose facevano i miei Scriba.


Racconti d'arte - Gomitolo 




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