martedì 8 gennaio 2013

Il cappellino di mio nonno

Il nonno è sempre uguale. Ogni volta che lo vedo ho la netta sensazione che la vecchiaia si sia dimenticata di lui. Sì, le fotografie di lui esposte in cucina che lo ritraggono dicono un'altra cosa, ma ..... fisicamente non mi spingono a pensare al tempo che passa.

Come ora, vedendolo laggiù, con il suo cappellino della Nike in testa che non ce la fa a trattenere la sua miriade di capelli, dove quelli bianchi la fanno da padrone, la camicia di jeans con l’ultimo bottone del colletto sempre ben agganciato sotto il collo, infilato nei suoi eterni jeans, non mi viene di pensare a un vecchio, ma al mio compagno di giochi, a quelle interminabili partite a scopa seduti sulle nostre sedie con in mezzo un altra usata per tavolino.

Era capace di impegnarmi mio nonno. Soprattutto quando a inizio partita mi chiedeva con tono irrisorio: “Ti faccio vincere?”
E io prontamente gli rispondevo, con uno sguardo minaccioso: “Non provarci Nonno!”
Ferito nell’orgoglio sapevo che da quel momento in poi dovevo stare attento a non andare sotto scopa, perché , come diceva il nonno “ Quello é il tuo punto debole!”


Spesso mi metteva alla prova. Voleva capire fino a dove il mio orgoglio si spingeva. Come quella volta che, avrò avuto si e no sette anni, si presentò in casa, mentre facevo i compiti, con un bellissimo berrettino ben calzato sulla testa della sua squadra del cuore. Senza tanti convenevoli si avvicinò e mi domandò con tono secco e deciso :“Ti piace?”. Era bello quel cappellino, me lo ricordo ancora. A strisce rosse e blu con lo stemma della squadra sul davanti.
Mi sarebbe piaciuto molto averlo. “Sì” gli dissi prontamente.
Mio nonno sorrise, se lo tolse e me lo porse, ma mentre me lo gustavo già nelle mani, con un gesto fulmineo lo ritrasse per dirmi prontamente: “A patto che da oggi in poi tu tenga per il Bologna!”.

Ci rimasi male per quel tiro mancino. Il nonno sapeva bene che non avrei svenduto la mia squadra del cuore, ma ci provò lo stesso: voleva mettermi alla prova.


Vedendomi in seria difficoltà mi sorrise, in modo consolatorio e mi gettò il cappellino sul tavolo dicendomi: ” non importa, te lo regalo lo stesso “, tornando così sui suoi passi.
Non so a distanza di tanti anni se allora feci bene a non accettare quel regalo del nonno, perchè lo rincorsi restituendoglielo dicendo che non potevo accettare: la mia squadra del cuore rimaneva la mia Fiorentina e per questo non lo potevo indossare.

Quella risposta piacque al nonno, lo so.
Riprese il suo cappellino, se lo rincalzò ben bene sulla sua testa, e, scricchiandomi l'occhio in segno di approvazione, mi ditte un buffetto sulla guancia, tornandosene via.


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