lunedì 30 aprile 2012

Nonno Bondi

          Cosa faceva il resto della giornata? Si è già detto dormire. Ma giova ripeterlo, perché se una giornata è di ventiquattr'ore due terzi buoni buoni eran già belle e persi, anche se lui sentirli definire tali lo faceva molto incazzare.
"Ci vuole tenacia e dedizione"  rispondeva a chi gli chiedeva come riusciva a farcela anche quattordici ore di filato. E c'era da credergli. Per la costanza di sicuro,  visto che cascasse il mondo alle nove era belle a letto; stessa cosa dopo pranzo. Ma anche per la dedizione: bastava fare una giratina dalle parti della sua camera per sentirlo russare come una trattore. Appena sveglio, poi era uno spettacolo!
Dopo tutto quel tempo passato a dormire era ovvio che la vescica gli si riempisse come un pallone. E allora, eccotelo! Si sentiva aprire la porta di camera con delicatezza, seguito da un lento frusciare: adorava strisciare le sue ciabatte per terra quando era ancora stordito dal sonno. Dovete sapere che per raggiungere il bagno il nostro Oblomov del ventunesimo secolo, doveva percorrere l'intero corridoio, per giunta passando davanti alla cucina.

Chi aveva la fortuna  di trovarsi da quelle parti e  percepire quei passi felpati, non poteva fare a meno di mettersi comodo sulla prima sedia che si trovava vicino, e attendere: ne valeva di certo la pena, anche se ci voleva un minuto buono per assistere alla sua passata. Ce l'avete presente un gallo cedrone con la parrucca? Vai, ci siamo!  Stesso collo dritto,  stesso sguardo, stesso passo ma molto, molto più rallentato.
I capelli però erano il piatto forte:  ricci e ispidi; appena sveglio erano dritti come girasoli in aperta campagna. Tornato dal bagno, lo spasso continuava. Com'era? Lo stesso di prima, ma senza girasoli in testa. Non si sa perché se li pettinava lisci in quel modo,  adoperando per gli irriducibili la sua  "pettinella" bagnata.

          Di ritorno dal bagno, il posto dove riprendere tutte le forze, era il solito: sulla sedia accanto al frigorifero.
In preda ai lunghi sbadigli, il gallo cedrone senza parrucca, cercava di svegliarsi, lì seduto nel silenzio generale. Poi, cominciava stropicciarsi gli occhi fino a ridurli alle lacrime.
Successero le guerre puniche una volta che si sentì un tonfo disumano provenire dalla cucina. La nonna aveva deciso di fare il cambio dell'armadio, e siccome non arrivata alla parta più alta, aveva pensato bene di farsi aiutare proprio da quella sedia, inutilizzata per tutto il giorno tranne che per cinque minuti dal  Nonno Bondi, dopo la pennichella del pomeriggio, e dopo il letargo notturno. Quando una volta rizzato da nuore e figli si accorse di essere pieno di dolori e con un grosso bernoccolo in testa, ma  per fortuna con niente di rotto, non ebbe pace fino a che non riuscì ad agguantare il collo della nonna, forse per anticiparle la morte sicura provocata dalle sue soffocanti risate.

           Chi si trovava in cucina sapeva bene che entro poco si sarebbe messo gli occhiali, e quindi si sarebbe accorto di lui. Chiunque tu fossi uomo, donna, bambino, bambina non c'era differenza,  dopo tre secondi, non di più, gli sarebbe arrivata la madre di tutte le domande: "'iccheesifà da mangiare stasera?"
Oppure: "com'è?" Questa invece era la seconda: diciamo la madrina, to! Non si faceva tempo a mettersi a tavola, lui che già da un bel pezzo era al suo posto col suo bel grembialone per non insudiciarsi al collo, che quella domanda scattava:"com'è?"
Com'è cosa? Il tempo atmosferico, veniva da pensare. Com'è la vita, il lavoro, la macchina nuova appena comprata, il rapporto con il figlio, la figlia, la moglie, il marito, com'è la situazione politica italiana, o che so altro.
Non si era ancora sfiorato la sedia su cui ci si metteva a sedere che lui "stachiò", si piazzava in mezzo, senza nemmeno salutarti. E anche se eri da poco entrato in casa, ti poneva la solita domanda: "com'è?"
E se non rispondevi, per fargli capire, che non era ancora il momento, non è che aspettasse, continuava, però questa volta guardandoti nel viso:"com'è?"

          Se poi a cena, c'era gente che non si vedeva da una vita, quel "com'è?", diventava irresistibile, un po' come l'ultima volta che aveva fatto il cacciucco. "Allora Silvia come va il tuo nuovo lavoro?" Chiese Sonia a sua nuora subito dopo essersi messe a tavola.
"Com'è?" chiese il nonno Bondi a Silvia, prendendo la palla la balzo.
"E' buono, non mi posso lamentare" rispose a Sonia.
"E perché dovresti lamentarti?" gli domandò suo padre.
"Rispondevo a Sonia!" disse Silvia.
"E che centra Sonia, l'ho fatto io il caciucco!" Rispose risentito il nonno, per quella risposta che non gli tornava affatto.
"Che centra il caciucco?" Gli chiese Silvia, facendo il giro dello sguardo su tutti quelli seduti a tavola.
"Come che centra il cacciucco? Ehi bella, se non ti piace lo lasci. Anzi me lo mangio io" gli rispose risentito, allungando un braccio verso la sua scodella.
"Guarda che non parlavo del cacciucco, parlavo di altro" lo riprese Silvia, facendo resistenza con la sua mano sulla scodella, sulla quale c'erano un po' troppe mani.
"Se ti andava altro, me lo dovevi dire stamani. O non sei stata proprio tu a dirmi che t'andava?
"Lascia fare!"
"Lascia fare te. Molla sto cacciucco per la miseria" e dicendo così inizio un tiro alla fune tra di loro, soltanto che al posto di una corda c'era il piatto conteso.

          Schetch così erano all'ordine del giorno. Bastava che uno entrasse in una di quelle spirali e il nonno Bondi ti portava con se, in un mondo in cui la logica che regnava era soltanto la sua.

Racconti - Gomitolo
 

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