Cosa faceva il resto della giornata? Si è già detto dormire. Ma giova ripeterlo, perché se una giornata è di ventiquattr'ore due terzi buoni buoni eran già belle e persi, anche se lui sentirli definire tali lo faceva molto incazzare.
"Ci vuole tenacia e dedizione" rispondeva a chi gli chiedeva come riusciva a farcela anche quattordici ore di filato. E c'era da credergli. Per la costanza di sicuro, visto che cascasse il mondo alle nove era belle a letto; stessa cosa dopo pranzo. Ma anche per la dedizione: bastava fare una giratina dalle parti della sua camera per sentirlo russare come una trattore. Appena sveglio, poi era uno spettacolo!
Dopo tutto quel tempo passato a dormire era ovvio che la vescica gli si riempisse come un pallone. E allora, eccotelo! Si sentiva aprire la porta di camera con delicatezza, seguito da un lento frusciare: adorava strisciare le sue ciabatte per terra quando era ancora stordito dal sonno. Dovete sapere che per raggiungere il bagno il nostro Oblomov del ventunesimo secolo, doveva percorrere l'intero corridoio, per giunta passando davanti alla cucina.
Chi aveva la fortuna di trovarsi da quelle parti e percepire quei passi felpati, non poteva fare a meno di mettersi comodo sulla prima sedia che si trovava vicino, e attendere: ne valeva di certo la pena, anche se ci voleva un minuto buono per assistere alla sua passata.
Ce l'avete presente un gallo cedrone con la parrucca? Vai, ci siamo! Stesso collo dritto, stesso sguardo, stesso passo ma molto, molto più rallentato.
I capelli però erano il piatto forte: ricci e ispidi; appena sveglio erano dritti come girasoli in aperta campagna.
Tornato dal bagno, lo spasso continuava. Com'era? Lo stesso di prima, ma senza girasoli in testa. Non si sa perché se li pettinava lisci in quel modo, adoperando per gli irriducibili la sua "pettinella" bagnata.
Di ritorno dal bagno, il posto dove riprendere tutte le forze, era il solito: sulla sedia accanto al frigorifero.
In preda ai lunghi sbadigli, il gallo cedrone senza parrucca, cercava di svegliarsi, lì seduto nel silenzio generale. Poi, cominciava stropicciarsi gli occhi fino a ridurli alle lacrime.
Successero le guerre puniche una volta che si sentì un tonfo disumano provenire dalla cucina. La nonna aveva deciso di fare il cambio dell'armadio, e siccome non arrivata alla parta più alta, aveva pensato bene di farsi aiutare proprio da quella sedia, inutilizzata per tutto il giorno tranne che per cinque minuti dal Nonno Bondi, dopo la pennichella del pomeriggio, e dopo il letargo notturno. Quando una volta rizzato da nuore e figli si accorse di essere pieno di dolori e con un grosso bernoccolo in testa, ma per fortuna con niente di rotto, non ebbe pace fino a che non riuscì ad agguantare il collo della nonna, forse per anticiparle la morte sicura provocata dalle sue soffocanti risate.
 
Chi si trovava in cucina sapeva bene che entro poco si sarebbe messo gli occhiali, e quindi si sarebbe accorto di lui. Chiunque tu fossi uomo, donna, bambino, bambina non c'era differenza, dopo tre secondi, non di più, gli sarebbe arrivata la madre di tutte le domande: "'iccheesifà da mangiare stasera?"
Oppure: "com'è?" Questa invece era la seconda: diciamo la madrina, to!
Non si faceva tempo a mettersi a tavola, lui che già da un bel pezzo era al suo posto col suo bel grembialone per non insudiciarsi al collo, che quella domanda scattava:"com'è?"
Com'è cosa? Il tempo atmosferico, veniva da pensare. Com'è la vita, il lavoro, la macchina nuova appena comprata, il rapporto con il figlio, la figlia, la moglie, il marito, com'è la situazione politica italiana, o che so altro.
Non si era ancora sfiorato la sedia su cui ci si metteva a sedere che lui "stachiò", si piazzava in mezzo, senza nemmeno salutarti. E anche se eri da poco entrato in casa, ti poneva la solita domanda: "com'è?"
E se non rispondevi, per fargli capire, che non era ancora il momento, non è che aspettasse, continuava, però questa volta guardandoti nel viso:"com'è?"
 Se poi a cena, c'era gente che non si vedeva da una vita, quel "com'è?", diventava irresistibile, un po' come l'ultima volta che aveva fatto il cacciucco.
"Allora Silvia come va il tuo nuovo lavoro?" Chiese Sonia a sua nuora subito dopo essersi messe a tavola.
"Com'è?" chiese il nonno Bondi a Silvia, prendendo la palla la balzo.
"E' buono, non mi posso lamentare" rispose a Sonia.
"E perché dovresti lamentarti?" gli domandò suo padre.
"Rispondevo a Sonia!" disse Silvia.
"E che centra Sonia, l'ho fatto io il caciucco!" Rispose risentito il nonno, per quella risposta che non gli tornava affatto.
"Che centra il caciucco?" Gli chiese Silvia, facendo il giro dello sguardo su tutti quelli seduti a tavola.
"Come che centra il cacciucco? Ehi bella, se non ti piace lo lasci. Anzi me lo mangio io" gli rispose risentito, allungando un braccio verso la sua scodella.
"Guarda che non parlavo del cacciucco, parlavo di altro" lo riprese Silvia, facendo resistenza con la sua mano sulla scodella, sulla quale c'erano un po' troppe mani.
"Se ti andava altro, me lo dovevi dire stamani. O non sei stata proprio tu a dirmi che t'andava?
"Lascia fare!"
"Lascia fare te. Molla sto cacciucco per la miseria" e dicendo così inizio un tiro alla fune tra di loro, soltanto che al posto di una corda c'era il piatto conteso.
Schetch così erano all'ordine del giorno. Bastava che uno entrasse in una di quelle spirali e il nonno Bondi ti portava con se, in un mondo in cui la logica che regnava era soltanto la sua.
Racconti - Gomitolo
lunedì 30 aprile 2012
venerdì 27 aprile 2012
Tema di quinta elementare di Antonio Gramsci
"Se un tuo compagno benestante e molto intelligente ti avesse espresso il proposito di abbandonare gli studi, che cosa gli risponderesti?"
Ghilarza, addì 15 luglio 1903
Carissimo amico,
Poco fa ricevetti la tua carissima lettera, e molto mi rallegra il sapere che tu stai bene di salute.
Un punto solo mi fa stupire di te; dici che non riprenderai più gli studi, perché ti sono venuti a noia.
Come, tu che sei tanto intelligente, che, grazie a Dio, non ti manca il necessario, tu vuoi abbandonare gli studi?
Dici a me di far lo stesso, perché è molto meglio scorrazzare per i campi, andare ai balli e ai pubblici ritrovi, anziché rinchiudersi per quattro ore al giorno in una camera, col maestro che ci predica sempre di studiare perché se no resteremo zucconi.
Ma io, caro amico, non potrò mai abbandonare gli studi che sono la mia unica speranza di vivere onoratamente quando sarò adulto, perché come sai, la mia famiglia non è ricca di beni di fortuna.
Quanti ragazzi poveri ti invidiano;loro che avrebbero voglia di studiare, ma a cui Dio non ha dato il necessario, non solo per studiare, ma molte volte, neanche per sfamarsi.
Io li vedo dalla mia finestra, con che occhi guardano i ragazzi che passano con la cartella a tracolla, loro che non possono andare che alla scuola serale.
Tu dici che sei ricco, che non avrai bisogno degli studi per camparti, ma bada al proverbio "l'ozio è il padre dei vizi." Chi non studia in gioventù se ne pentirà amaramente nella vecchiaia.
Un rovescio di fortuna, una lite perduta, possono portare alla miseria il più ricco degli uomini.
Ricordati del signor Francesco; egli era figlio di una famiglia abbastanza ricca; passò una gioventù brillantissima, andava ai teatri, alle bische, e finì per rovinarsi completamente, ed ora fa lo scrivano presso un avvocato che gli da sessanta lire al mese, tanto per vivacchiare.
Questi esempi dovrebbero bastare a farti dissuadere dal tuo proposito. Torna agli studi, caro Giovanni, e vi troverai tutti i beni possibili.
Non pigliarti a male se ti parlo col cuore alla mano, perché ti voglio bene, e uso dire tutto in faccia, e non adularti come molti.
Addio, saluta i tuoi genitori e ricevi un bacio dal Tuo aff.mo amico Antonio
Echi-Letizia_e_rivoluzione
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sabato 21 aprile 2012
Uno sport affascinante
Osservare un pescatore a mosca in azione, intento a presentare al pesce i suoi artificiali con gesti armoniosi e controllati, è oltremodo affascinante.
Per i non iniziati, la pesca a mosca può sembrare uno sport difficile, esclusivo e anche costoso; invece tutto quello che occorre per posare sull'acqua una mosca artificiale sono una canna, un mulinello, una coda di topo e una finale.
(Göran Cederberg)
Per i non iniziati, la pesca a mosca può sembrare uno sport difficile, esclusivo e anche costoso; invece tutto quello che occorre per posare sull'acqua una mosca artificiale sono una canna, un mulinello, una coda di topo e una finale.
(Göran Cederberg)
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lunedì 9 aprile 2012
Aldo dice 26x1
“Un urlo di riscatto liberatorio come quello che esplose alle ore 24 della notte del 24 aprile 1945, in tutta l’Italia del Nord, al tanto atteso messaggio in codice gracchiato dalle radio clandestine Aldo dice 26x1. L’ordine di insurrezione generale. Allora toccava a noi."
Con queste parole, Massimo Ottolenghi, tessera 343 del Comitato di Liberazione Nazionale piemontese, ci ricorda che, anche adesso, 67 anni dopo quel fatidico 25 aprile, tocca di nuovo a noi.
Vi vedo già storcere il naso mentre pensate che il fascismo non esiste più.
Io vi rispondo che esiste, esiste ancora, esiste eccome e proprio in questi ultimi anni sta prendendo sempre più piede.
I nostalgici e i neofascisti si nascondono bene, forse per la vergogna derivata dall’inconscia consapevolezza di quanto siano pericolosi i disvalori che promuovono, dietro a simboli e slogan rinnovati nella forma ma identici nei contenuti di un tempo. Giocano sull’ambiguità, sull’appropriamento indebito di icone come Che Guevara o Peppino Impastato, reinterpretandole grottescamente per strappare consensi in più da qualche mente confusa e da indottrinare. Forza Nuova, Casa Pound (Blocco Studentesco), il saluto romano dei sostenitori che hanno accolto Alemanno al Campidoglio, la retorica fortemente xenofoba di partiti come la Lega Nord, l’azione mediatica che in questi anni ci ha creato una sorta di “uomo nero” per adulti e piccini, da sbattere in prima pagina quando stupra, uccide, spaccia, sbandierando la nazionalità prima del reato stesso, quasi come fosse un’aggravante,sono solo alcuni degli esempi tangibili di che cosa sia il fascismo oggi.
Ma, ahimè, oltre ad essere penetrato ai piani alti della società, è un germe ancora ben presente attorno a noi nella vita di tutti giorni: è nelle parole dei ragazzini che rivendicano con orgoglio “la bonifica delle paludi”, “la costruzione delle scuole” come atti gloriosi del ventennio, è nell’accusare i partigiani di “stupro e violenza” (la stessa Casa Pound l’ha fatto in un volantino diffuso a Parma), è nel cancellare la Resistenza dai percorsi scolastici salvo qualche timido accenno, è nell’ odio per il diverso in nome del quale, solo dal 2005 al 2008, si sono registrati 262 casi di violenza fascista contro giovani dei centri sociali di sinistra, immigrati, gay e zingari, a cui si aggiungono gli atti vandalici a sedi di partito o monumenti partigiani, è nel non inorridire di fronte alle svastiche disegnate sui muri, è nel condannare chi imbratta la tomba di Mussolini e, paradossalmente, lasciare che ogni anno dei fantocci mascherati da Balilla si rechino a Predappio per ricordare il loro “Duce”.
Il mio articolo, se così si può chiamare, vuole essere un grido d’allerta per tutti i giovani che, nel mare magnum della politica, non sanno che pesci prendere e che si fanno trascinare dalla corrente demagogicamente più forte e che sembra proporre le soluzioni più facili, senza rendersi conto di quanto sia importante opporsi a modelli di questo genere che promuovono solo e soltanto un ideale xenofobo, nazionalista, autoritario, vuole essere una spinta per tutti a riprendersi la politica, quella vera, secondo la quale si deve “ricominciare dagli ultimi”, come sosteneva Don Milani, ripartendo dalle fondamenta che i partigiani ci hanno costruito con il loro sangue e i loro sogni, vuole essere un incoraggiamento per tutti quelli che sanno ancora stringere i denti e combattere contro quella che ci fanno passare come normalità, la normalità degli immigrati nei CIE e CPT (altrimenti detti LAGER) e di quelli che muoiono in mare cercando di raggiungere le nostre coste nella totale indifferenza, la normalità della condizione delle carceri dove lo scopo della rieducazione è stato sostituito da un altissimo numero di suicidi e condizione disumane di sovrappopolamento e abusi (ricordiamo che in Italia la TORTURA NON È REATO), la normalità del denaro che trionfa sull’uomo, la normalità delle missioni di pace (altrimenti dette GUERRE),
vuole essere un elogio all’empatia, l’unico valido antidoto contro l’odio che ci possa insegnare a difendere i più deboli senza volere qualcosa in cambio,
vuole ricordare che “La politica è valida solo nella misura in cui tiene conto della persona umana”, come sostiene Don Andrea Gallo, prete partigiano e “angelicamente anarchico”, e che, aggiungo io, ogni forma di fascismo, al contrario, è incompatibile con ogni idea di libertà e di bene comune che non sia soltanto l’intersezione di egoismi individuali.
Smettiamola di tapparci le orecchie per non voler sentire, smettiamola di camminare con il paraocchi senza mai cambiare punto di vista e senza mai esimerci dal giudicare prima ancora di esserci messi nei panni dell’altro, alziamo finalmente la testa, stringiamo i pugni per le nostre battaglie, ricordando che, combattere con i mulini a vento, a volte sarà frustrante ma mai doloroso quanto lo è non avere utopie, che volare troppo alto, esponendo pericolosamente le ali di cera al sole, è il rischio che vale la pena correre per uscire dal labirinto degli egoismi e reinventare la realtà.
Combattere il fascismo oggi, come ieri, significa riprendersi il concetto di uguaglianza, usando, come motore per le nostre azioni, la speranza di un mondo nuovo in cui “la morte e il denaro perderanno i loro magici poteri, e né per fortuna né per sfortuna, la canaglia si trasformerà in virtuoso cavaliere; nessuno sarà considerato eroe o tonto perché fa quel che crede giusto invece di fare ciò che più gli conviene; il mondo non sarà più in guerra contro i poveri, ma contro la povertà, e l’industria militare sarà costretta a dichiararsi in fallimento; il cibo non sarà una mercanzia, né sarà la comunicazione un affare, perché cibo e comunicazione sono diritti umani; nessuno morirà di fame, perché nessuno morirà d’indigestione; i bambini di strada non saranno trattati come spazzatura, perché non ci saranno bambini di strada; i bambini ricchi non saranno trattati come fossero denaro, perché non ci saranno bambini ricchi; l’educazione non sarà il privilegio di chi può pagarla; la polizia non sarà la maledizione di chi non può comprarla; la giustizia e la libertà, gemelli siamesi condannati alla separazione, torneranno a congiungersi, ben aderenti, schiena contro schiena” [E.Galeano]
Ruggiti - Letizia_e_rivoluzione
Con queste parole, Massimo Ottolenghi, tessera 343 del Comitato di Liberazione Nazionale piemontese, ci ricorda che, anche adesso, 67 anni dopo quel fatidico 25 aprile, tocca di nuovo a noi.
Vi vedo già storcere il naso mentre pensate che il fascismo non esiste più.
Io vi rispondo che esiste, esiste ancora, esiste eccome e proprio in questi ultimi anni sta prendendo sempre più piede.
I nostalgici e i neofascisti si nascondono bene, forse per la vergogna derivata dall’inconscia consapevolezza di quanto siano pericolosi i disvalori che promuovono, dietro a simboli e slogan rinnovati nella forma ma identici nei contenuti di un tempo. Giocano sull’ambiguità, sull’appropriamento indebito di icone come Che Guevara o Peppino Impastato, reinterpretandole grottescamente per strappare consensi in più da qualche mente confusa e da indottrinare. Forza Nuova, Casa Pound (Blocco Studentesco), il saluto romano dei sostenitori che hanno accolto Alemanno al Campidoglio, la retorica fortemente xenofoba di partiti come la Lega Nord, l’azione mediatica che in questi anni ci ha creato una sorta di “uomo nero” per adulti e piccini, da sbattere in prima pagina quando stupra, uccide, spaccia, sbandierando la nazionalità prima del reato stesso, quasi come fosse un’aggravante,sono solo alcuni degli esempi tangibili di che cosa sia il fascismo oggi.
Ma, ahimè, oltre ad essere penetrato ai piani alti della società, è un germe ancora ben presente attorno a noi nella vita di tutti giorni: è nelle parole dei ragazzini che rivendicano con orgoglio “la bonifica delle paludi”, “la costruzione delle scuole” come atti gloriosi del ventennio, è nell’accusare i partigiani di “stupro e violenza” (la stessa Casa Pound l’ha fatto in un volantino diffuso a Parma), è nel cancellare la Resistenza dai percorsi scolastici salvo qualche timido accenno, è nell’ odio per il diverso in nome del quale, solo dal 2005 al 2008, si sono registrati 262 casi di violenza fascista contro giovani dei centri sociali di sinistra, immigrati, gay e zingari, a cui si aggiungono gli atti vandalici a sedi di partito o monumenti partigiani, è nel non inorridire di fronte alle svastiche disegnate sui muri, è nel condannare chi imbratta la tomba di Mussolini e, paradossalmente, lasciare che ogni anno dei fantocci mascherati da Balilla si rechino a Predappio per ricordare il loro “Duce”.
Il mio articolo, se così si può chiamare, vuole essere un grido d’allerta per tutti i giovani che, nel mare magnum della politica, non sanno che pesci prendere e che si fanno trascinare dalla corrente demagogicamente più forte e che sembra proporre le soluzioni più facili, senza rendersi conto di quanto sia importante opporsi a modelli di questo genere che promuovono solo e soltanto un ideale xenofobo, nazionalista, autoritario, vuole essere una spinta per tutti a riprendersi la politica, quella vera, secondo la quale si deve “ricominciare dagli ultimi”, come sosteneva Don Milani, ripartendo dalle fondamenta che i partigiani ci hanno costruito con il loro sangue e i loro sogni, vuole essere un incoraggiamento per tutti quelli che sanno ancora stringere i denti e combattere contro quella che ci fanno passare come normalità, la normalità degli immigrati nei CIE e CPT (altrimenti detti LAGER) e di quelli che muoiono in mare cercando di raggiungere le nostre coste nella totale indifferenza, la normalità della condizione delle carceri dove lo scopo della rieducazione è stato sostituito da un altissimo numero di suicidi e condizione disumane di sovrappopolamento e abusi (ricordiamo che in Italia la TORTURA NON È REATO), la normalità del denaro che trionfa sull’uomo, la normalità delle missioni di pace (altrimenti dette GUERRE),
vuole essere un elogio all’empatia, l’unico valido antidoto contro l’odio che ci possa insegnare a difendere i più deboli senza volere qualcosa in cambio,
vuole ricordare che “La politica è valida solo nella misura in cui tiene conto della persona umana”, come sostiene Don Andrea Gallo, prete partigiano e “angelicamente anarchico”, e che, aggiungo io, ogni forma di fascismo, al contrario, è incompatibile con ogni idea di libertà e di bene comune che non sia soltanto l’intersezione di egoismi individuali.
Smettiamola di tapparci le orecchie per non voler sentire, smettiamola di camminare con il paraocchi senza mai cambiare punto di vista e senza mai esimerci dal giudicare prima ancora di esserci messi nei panni dell’altro, alziamo finalmente la testa, stringiamo i pugni per le nostre battaglie, ricordando che, combattere con i mulini a vento, a volte sarà frustrante ma mai doloroso quanto lo è non avere utopie, che volare troppo alto, esponendo pericolosamente le ali di cera al sole, è il rischio che vale la pena correre per uscire dal labirinto degli egoismi e reinventare la realtà.
Combattere il fascismo oggi, come ieri, significa riprendersi il concetto di uguaglianza, usando, come motore per le nostre azioni, la speranza di un mondo nuovo in cui “la morte e il denaro perderanno i loro magici poteri, e né per fortuna né per sfortuna, la canaglia si trasformerà in virtuoso cavaliere; nessuno sarà considerato eroe o tonto perché fa quel che crede giusto invece di fare ciò che più gli conviene; il mondo non sarà più in guerra contro i poveri, ma contro la povertà, e l’industria militare sarà costretta a dichiararsi in fallimento; il cibo non sarà una mercanzia, né sarà la comunicazione un affare, perché cibo e comunicazione sono diritti umani; nessuno morirà di fame, perché nessuno morirà d’indigestione; i bambini di strada non saranno trattati come spazzatura, perché non ci saranno bambini di strada; i bambini ricchi non saranno trattati come fossero denaro, perché non ci saranno bambini ricchi; l’educazione non sarà il privilegio di chi può pagarla; la polizia non sarà la maledizione di chi non può comprarla; la giustizia e la libertà, gemelli siamesi condannati alla separazione, torneranno a congiungersi, ben aderenti, schiena contro schiena” [E.Galeano]
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venerdì 6 aprile 2012
Una passione che dura una vita
 Un pescatore a mosca veramente in gamba assomiglia moltissimo a un uomo di cultura enciclopedica.
Conosce il pesce e la sua biologia, studia la vita degli insetti dentro e fuori dell'acqua, conosce la chimica e la fisica dell'acqua, e si occupa anche della meteorologia, dei venti e dei problemi idrografici.
 Nonostante abbia una buona conoscenza del suo ambiente non smette mai di apprendere: c'è sempre qualcosa di nuovo da scoprire e nuove esperienze da provare.
 Questi sono i motivi fondamentali che suscitano a molti di noi della pesca a mosca una passione che dura una vita intera e per alcuni addirittura rappresenta una religione.
Steen Ulnitz
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