sabato 31 dicembre 2011

Buon anno!

Ogni mattino, quando mi risveglio ancora sotto la cappa del cielo, sento che per me è capodanno. Perciò odio questi capodanni a scadenza fissa che fanno della vita e dello spirito umano un’azienda commerciale col suo bravo consuntivo, e il suo bilancio e il preventivo per la nuova gestione.

Essi fanno perdere il senso della continuità della vita e dello spirito. Si finisce per credere sul serio che tra anno e anno ci sia una soluzione di continuità e che incominci una novella istoria, e si fanno propositi e ci si pente degli spropositi, ecc. ecc. È un torto in genere delle date.

Dicono che la cronologia è l’ossatura della storia; e si può ammettere. Ma bisogna anche ammettere che ci sono quattro o cinque date fondamentali, che ogni persona per bene conserva conficcate nel cervello, che hanno giocato dei brutti tiri alla storia. Sono anch’essi capodanni. Il capodanno della storia romana, o del Medioevo, o dell’età moderna. E sono diventati così invadenti e così fossilizzanti che ci sorprendiamo noi stessi a pensare talvolta che la vita in Italia sia incominciata nel 752, e che il 1490 0 il 1492 siano come montagne che l’umanità ha valicato di colpo ritrovandosi in un nuovo mondo, entrando in una nuova vita. Così la data diventa un ingombro, un parapetto che impedisce di vedere che la storia continua a svolgersi con la stessa linea fondamentale immutata, senza bruschi arresti, come quando al cinematografo si strappa la film e si ha un intervallo di luce abbarbagliante.

Perciò odio il capodanno. Voglio che ogni mattino sia per me un capodanno. Ogni giorno voglio fare i conti con me stesso, e rinnovarmi ogni giorno. Nessun giorno preventivato per il riposo. Le soste me le scelgo da me, quando mi sento ubriaco di vita intensa e voglio fare un tuffo nell’animalità per ritrarne nuovo vigore. Nessun travettismo spirituale. Ogni ora della mia vita vorrei fosse nuova, pur riallacciandosi a quelle trascorse. Nessun giorno di tripudio a rime obbligate collettive, da spartire con tutti gli estranei che non mi interessano. Perché hanno tripudiato i nonni dei nostri nonni ecc., dovremmo anche noi sentire il bisogno del tripudio. Tutto ciò stomaca.

Antonio Gramsci, 1° Gennaio 1916 su l’Avanti!, edizione torinese, rubrica “Sotto la Mole"


Perché la pesca a mosca

Perché una volta conosciuta ti rendi subito conto che era qualcosa che ti mancava.

Perché è una scusa per vivere a contatto con l'acqua.

Per capire l'inganno che c'è dietro la imitazione di un insetto.

Perché cercare di prendere pesci non è tutto, ma è solo una scusa per stare a contatto con la natura.

Perché dopo la cattura di un pesce puoi subito liberarlo, seppure procurandogli un male cane.


Poesia
Gomitolo

venerdì 30 dicembre 2011

Un paio di paragrafi in ricordo di una eterna disgrazia

Ignoro come sopportasse mio padre quella perdita, ma so che non se ne consolò mai. Credeva di ritrovarla in me, senza poter dimenticare che io gliel'avevo tolta; non mi abbracciò mai senza ch'io avvertissi che un rimpianto amaro si mescolava alle carezze nei suoi sospiri e nelle sue strette convulse: il che non me le rendeva se non più tenere. Quando mi diceva: - Gian Giacomo parliamo di tua madre, - gli rispondevo: - Bene, papà, piangiamo allora; - e questa sola parola gli faceva salire le lacrime agli occhi . - Ah! - prorompeva gemendo, - rendimela, consolami della sua perdita, riempi il vuoto che ha lasciato nell'anima. Credi forse che ti vorrei tanto bene, se tu fossi solo mio figlio? - Quarant'anni dopo averla persa, morì nelle braccia di una seconda moglie, ma col nome della prima sulle labbra e la sua immagine in fondo al cuore.
Tali furono gli autori dei miei giorni, e di tutti i doni che il cielo aveva loro prodigato, il solo che mi legarono fu un cuore sensibile; esso aveva fatto la loro felicità, mentre determinò tutte le sventure della mia vita.


CONFESSIONI - Jean Jacques Rosseau
Edizioni BUR
Pagina 25