Stavolta si parla di seduzione, ancora freschi della appena trascorsa festa delle donne, sempre più convinto che l'8 Marzo sia il simbolo della sana gioia voglia di vivere: piacendo, piacendosi.
L'arte fa suo questo concetto dimostrando il suo massimo valore quando riesce a rinnovarsi, a trovare elementi che ne festeggino il suo primato dando allo spettatore uno stimolo a riflettere sul perché l'opera artistica che ha davanti gli piaccia davvero.
Una ventina d'anni fa, arrivato a Vienna a bordo della mia gloriosa motocicletta, fra le tante cose in programma c'era anche una visita al Kunsthinstorisches Museum: guardate che il nome sembra una pizza, ma vi assicuro che in realtà é uno vero spettacolo per gli occhi: ci sono opere del più grande pittore fiammingo: Van der Eyck; del divertentissimo Bruegel, che solo per i suoi quadri esposti vale la visita; opere del Rubens, del Mantegna; l'estate dell'Arcimboldi e .... mi fermo.
Anzi no, vado avanti, perché l'opera che più mi colpì, e di cui voglio parlare oggi, fu un quadretto realizzato nel 1506 grande cm 41 x 33,5, riguardante una fanciulla che voglio immaginarla una giovane sposa, e l'alloro di cui è circondata, il simbolo della sua castità; e non una veneta cortigiana: figura abbastanza comune nel periodo in cui fu realizzata questa opera.
L'autore? L'inestimabile Giorgio Zorzi da Castelfranco, detto Giorgione. Un vero mito, nonostante abbia realizzato meno di una decina di opere, francamente poche, anche perché morto non ancora trent'enne.
Il titolo del quadro? Ritratto di giovane donna detta Laura. Questo nome gli fu assegnato quando si trovò nella collezione di Bartlomeo della Nave nel 1636, forse proprio per la presenza del alloro (o lauro).
Perché mi piacque? Semplicemente per come si esponeva nel quadro quella giovane donna dal nome Laura: per quel viso e il busto rotondetto, a stagliarsi sulle fronde d'alloro che le fanno da sfondo.
Avvolta da una cappa rossa foderata di pelliccia aperta proprio sul davanti; per quella capacità di portare con grazia e magistrale seduzione il suo velo arrotolato che attraversa il busto: forse un simbolo nuziale, a scoprire il seno: un simbolo di fecondità.
D'altronde l'arte deve essere in grado di sprigionare in noi tutte le arbitrarie interpretazioni: valutando le contingenze del periodo in cui il pittore la realizzò: l'opera fu realizzata quasi quattrocento fa, ma anche, e soprattutto, considerando i pensieri che ci frullano in capo quando ci si immerge nella vista dell'opera.
Ne rimane la bravura del Giorgione che riesce in un contrasto di chiaroscuro a cancellare il contorno, lui antesignano e promotore della "pittura tonale", in cui si staglia il mezzo busto della bella donna giovane.
Un diafano contorno costituito da un intreccio di foglio all'oro, a mettere in risalto , per dirla alla Vasari "una cosa viva e naturale" un seducente corpo di donna.
Questo sì in risalto, a sua volta incorniciato dal rosso purpureo della manica e la pelliccia a far puntare l'attenzione sul corpo della giovane, dove un vezzo, un particolare - ecco di nuovo il particolare -, è chiamato a sottolineare il volte dell'artista: il velo trasparente che scende nel décolleté della giovane donna.
Un vero maestro, insomma, che aveva fatto buoni proseliti: invito a una visita agli Uffizi ad ammirare la mai non troppo osservata Venere di Urbino, dove il chiarore della donna è messo in evidenza dal lenzuolo bianco con un gioco di chiaro scuro e toni dello stesso colore, dimostrando che l'autore, il suo allievo Tiziano, ben aveva capito la lezione.
Ma il maestro, come si dice, é sempre il maestro, e nel suo quadro, Giorgione, sfodera un tocco di classe: prende una matita rossa e, poco sotto il lembo del velo, quasi che esso ne tracci la via, appone un semicerchio, quasi una sbavatura, a evidenziare il punto che rende il quadro sensualmente diverso dagli altri che trattano di seduzione: più che un disegno, l'idea compulsiva che la nostra mente può far sua di un giovane capezzolo.
Giorgione riesce a lasciare chi guarda a continuare a ideare questo particolare: lui ci ha messo con un accenno della sua matita rosa senza affondare il concetto, lasciando un'idea, che tocca a noi con la nostra fantasia a ultimarne un opera, forse, magistralmente incompiuta.
Dialogo tra sordi
- Abbozzala
- A fare icché
- A guardarla
- A guardarla chi
- Quella che tu punti da due ore
- Beh, non male
- Eheheheh
- Eheheheh, icché
- Canone anche lei?
- Di sicuro
- É grassa
- Dove?
- Un po' ovunque
- Tu non ne capisci un cazzo
- Arritonfa
- Arritonfa
- No, te lo ridico, tu ...
- ... tu, non ci capisci un cazzo. E ho capito
- Lei é la Laura del Giorgione
- Chi lei? Quella che vuol far vedere icché non c'ha?
- Un accenno, grullo, semicoperte da suo foularino
- Semignude, dal suo foularino
- Che ne capisci te, Giovanni
- Oh, sentiamo
- Il particolare in risalto. La sciarpetta che lo copre e non lo copre. Che rende un décolleté perfetto.
- Non ha seno
- Ce l'ha, ma non conta
- Da' retta, conta
- La sciarpetta che copre e non copre quanto basta
- La sciarpetta che copre e non copre niente: non ha seno
- Quell'accenno di seno è speciale. Lo scialle che fa vedere e non vedere è speciale
- Tu sei grullo, in modo speciale
- Tu non capisci un cazzo
- Finiamola
- Finiamola
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