mercoledì 8 maggio 2013

ACQUE INQUIETE capitolo quinto


 Qualche settimana dopo gli sposi erano felici come il primo giorno.

Sembrava che quell'unione benedetta, così tanto osteggiata  in paese e nella famiglia del Granduca, stesse dando i suoi buoni frutti:
Ledo aveva perso diversi chili, grazie e soprattutto alla ginnastica più piacevole del mondo e alla mancanza di riposo notturno, e il suo fisico ne aveva notevolmente beneficiato,

e Fausta, che di chili ne aveva presi qualcuno, grazie ai pasti più regolari,  era sbocciata in una fioritura florida e bellissima.


Per di più era una moglie perfetta, premurosa, accogliente, silenziosa.
Si muoveva per la casa con la grazia di una farfalla e non si lamentava mai di nulla.

 Il Conte tanto innamorato idealizzava pure i suoi silenzi anche se, qualche volta, magari sarebbe stato meglio che lei fosse intervenuta nei discorsi di casa.

Ma sua moglie non osava muovere critiche ad alcuno, neanche alla Baffina, la fantesca, che aveva due baffi folti come quelli del Granduca ed un corpo sottile come un giunco,  nonostante fosse suo compito comandarle e insegnarle a custodire il Conte.

 Ledo conosceva i compiti di una buona moglie, ma non si arrabbiava per il suo disinteresse e il suo delegare tutto alla servitù, anzi, aveva passato un’intera infanzia in mezzo alle urla della madre che rimbrottava le donne nelle cucine...


 Se i piatti cucinati dalla serva non erano perfetti, se i pavimenti del palazzo non erano splendenti, se le posate d’argento non erano lucidate ,se le sue camicie perdevano giorno dopo giorno l'inamiditura  al Conte dopotutto non interessava, Fausta rendeva quel matrimonio  proprio speciale.

Ogni notte, quando si chiudevano i portali della loro stanza da letto,  Fausta diventava un’altra moglie: abbandonava con i panni diurni, appesi alla sedia, la mestizia, la timidezza, e  prendeva Ledo per condurlo nelle strade più sconosciute della passione.
Lo accompagnava sulle vette più alte del desiderio e poi, quando si accorgeva che il marito sarebbe esploso, lo lasciava ricadere dolcemente, sul materasso, per farlo tornare felice e appagato sulla terra.

Ma quando mai Ledo aveva conosciuto una ragazza così?  E quando mai aveva sentito dire  che una moglie così esistesse?


Sia volte aveva ascoltato i discorsi dei suoi amici, sposati,  sull'amore muliebre ma alla fine se ne era sempre discostato con orrore...

Infatti quei discorsi sull'incapacità delle mogli a dar piacere e sulla necessità di prendersi amanti d'accordo con loro, lo ripugnavano.

Una volta aveva addirittura sentito anche suo padre parlare della moglie, la  Duchessa Ameriga, come una donna fredda che non amava le effusioni …  e adesso capiva meglio certi sguardi fra i suoi genitori

Per fortuna Fausta non era così, anzi sembrava non desiderare
 altro che lui e il suo corpo.

 Quando Ledo lavorava in ufficio o usciva per incontrare i guardaboschi o in missione a Firenze, sembrava che lei non facesse altro che preoccuparsi di lui: della sua biancheria che piegava e ripiegava nei bauli, dei suoi trofei di caccia, appesi sul letto, che rinfrescava e spolverava con cura, delle sue scarpe che venivano pulite e lucidate con olio di gomito.
 Ledo, poi, quando tornava,  riconosceva  nelle sue cose l’odore di lei, un insieme di zagara e cipolla, e si rendeva conto sempre più di quanto Fausta lo amasse.

La sposa  oltre che a dedicarsi delle  cose personali del Conte, quando lui era al lavoro,  si faceva bella.
 Si pettinava per ore i suoi lunghi capelli scuri , si lucidava la pelle con l’olio d’oliva, si puliva i denti con le foglie di salvia, si lavava accuratamente strigliando la pelle nella tinozza.
 E tutte le volte quando lui tornava a casa e la prendeva fra le braccia  si accorgeva di ciò e la trovava sempre migliore.

 Oltre a questo sembrava che la sua giovine moglie conoscesse alla perfezione le vie della tenerezza e le strade più sconosciute della passione, muovendosi sul marito con tanta perizia che egli, ogni volta, decideva di lasciarle condurre i giochi, addirittura   quando lei  si chinava sul suo grembo a bere l’essenza dell’amore!

Mai aveva permesso questo a nessuna donna, nemmeno a quelle dei bordelli, ma Fausta poteva fare di lui ciò che lei voleva…

A volte, quando il conte Ledo da Volterra era in studio, non si accorgeva nemmeno della sua presenza,  se non fosse per il profumo della sua pelle o per il frusciar delle gonne;

Fausta non era proprio   muta ma usava la voce solo quando le era indispensabile, fatto questo che aveva fatto affinare i sensi del Conte, rendendo ancor più magico il loro amore.

Quando era lontano, al lavoro, lui non vedeva l’ora di tornare, di baciarla, di farsi accogliere fra le sue braccia.
Lei era il suo bene, sempre felice, sempre entusiasta….Si, oddio, anche lei aveva rari difetti, ed uno in particolare indispettiva il Conte: era capricciosa.

Aveva richiesto al marito dei vestiti nuovi e preziosi degni del suo rango, e lui, aveva ordinato che venissero confezionati dalle sarte di sua madre.
Ma  non le era bastato, infatti,  dopo aver visto nei libri  dello studio le illustrazioni dipinte dei giardini fiorentini, aveva preteso delle fontane e un giardino e Ledo l'aveva accontentata.

Aveva  fatto convogliare l'acqua del pozzo con un laborioso e costoso lavoro idraulico ad una fontana, da questa per caduta l'acqua arrivava ad un'altra e un'altra ancora.
Per di più aveva assoldato un giardiniere fiorentino per completare l'opera, spendendo un patrimonio.

Ma,   non paga,   lei gli aveva domandato   un altro dono:una carrozza per andare a trovare suo padre,  e il Conte anche questa volta l’aveva accontentata.
Ma quando  Fausta gli aveva chiesto  un ritratto dipinto da Gherrini, il pittore più famoso di Firenze, lui le aveva risposto fermamente  di no.


Gli sembrava un sfizio assurdo, come se la ragazza che, prima del matrimonio, non aveva  altro che l’acqua del fiume, adesso pretendesse da lui chissà che…Quelle erano ubbie da nobildonne annoiate, dopotutto sua moglie, prima di sposarlo, era padrona solo dell’acqua del fiume…

  Negò fermamente alla moglie i cordoni della borsa certo che presto avrebbe dimenticato tale capriccio.

Non sapeva però il poveretto quale ritorsione avrebbe impugnato la ragazza contro di lui.
 La mattina seguente, infatti, , durante una sua battuta di caccia, trasferì il baule del marito nella camera blu, e si chiuse  nella stanza   col chiavistello precludendogli  così
  oltre che il talamo nuziale la passione.



billa  - il prossimo capitolo verrà postato fra una settimana -