venerdì 5 ottobre 2012

Scazzo d'Agosto

Sto scrivendo e allo stesso tempo ascolto musica dalle mie cuffiette: un buon sistema per isolarmi divertendomi.

Non faccio caso a chi ho attorno. Ciò che ho preparato appena arrivato, quando in spiaggia non c'era che un un innocuo omino intento a leggersi un tomo da mezzochilo, eviterà che durante la scrittura capitino distrazioni: davanti a me il lettino aperto sotto il sole, come lo sono del resto due cislonghe ai miei fianchi, e in mezzo, sotto l'ombrellone, una sedia con me sopra: un antidoto che permetterà a me di star bello fresco, evitare ai poveri Vu cumprà di venirmi eccessivamente vicino per farmi improbabili offerte e ai bagnanti di occupare parte di un territorio già delimitato.

Mentre scrivo le vedo arrivare queste pattuglie domenicali con lo scopo esclusivo di rendere appagante un giorno di festa.
A tutto si può pensare, vedendo il passo sonnolento e claudicante di questi zombie della domenica, che il sole che si sono venuti a prendere possa entro poco stravolgere le loro mattutiniere intenzioni.
E non basta cospargersi tutte le parti del corpo con unguenti protettivi a esorcizzare gli effetti isterici collaterali che esso può provocare nelle loro menti. Capiterà. Basta aspettare. E io sono pronto con un editor aperto sul mio iPad a registrare il sicuro evento.
Capita anche nelle redazioni dei giornali, il giorno prima di una manifestazione sportiva, di lanciarsi in azzardate previsioni. E anche io nel mio piccolo ci voglio provare: a chi toccheranno isteriche incandescenze questa volta? A quei bambini che hanno sfiorato tre o quattro volte le mie cislonghe inseguendosi l'uno con l'altro? A questa signora di mezza età alla mia destra che mal sopporta il mio lettino aperto sotto il sole, d'intralcio alle sue manovre per accudire una vecchietta, probabilmente sua madre, bofonchiante di rimproveri nei suoi confronti? O forse a chi ho davanti? Moro abbronzato nero catrame, lui; rossa di capelli e dalla pelle bianco cadavere, lei; oppure al loro pargolo, capelli rossi come mamy, e non ancora da età da scuola? Sarà forse proprio Pel di carota a svalvolare per primo, mentre ora è tutto tranquillo a giocare con paletta e secchiello, ma chissà se lo sarà ancora quando il sole graverà perpendicolare sulla sua teste? O forse a qualcuno dell'insospettabile coppia di russi arrivati subito dopo di me in spiaggia, belli impomatati con crema solare protezione centocinquanta - questi coglioni mi sa che non se la danno ai piedi il , cazzo, sembra che tutti ed due si siano infilate pantofole rosse -, e con un paio di gemelli al seguito? Chi perderà le staffe in modo tale da rendere indimenticabile la loro domenica e a me dare il pretesto di scrivere qualcosa?
Penso sempre che in questi casi basta attendere. Non è questione di crudeltà, intendiamoci. Sta nell'animo umano e soprattutto nel segno dei tempi. In una società capitalista come la nostra che trovato il sistema di soddisfare i bisogni primari non si accontenta solo di loro, ma desidera andare oltre anche se questo pregiudica il fabbisogno di chi ha accanto con mezzi più o meno leciti, è chiaro che dimostri la sua voracità anche in una giornata di festa al mare. Sì, basta attendere.

E mentre mi dilungo su premesse filosofiche, lasciando scorrere i brani degli Acoustic Alchemy sul mio iPod in un susseguirsi di melodie spagnoleggianti e non solo, non faccio caso al braccio destro allungato del babbo nero catrame verso la coppia dei russi di cui non mi ero accorto essersi alzati dai loro lettini.
Col disappunto di essermi fatto sfuggire qualcosa d'importante, un po' come un pescatore distratto strattona la sua canna già conscio di avere perso l'attimo fuggente, sfilo dall'orecchio un auricolare quel tanto che basta per afferrare un "ti uccidooo" proveniente dal babbo di Pel di carota sotto i sei anni.
"Cazzo!" Mi dico. "A tanto siamo arrivati. E tutto in pochi attimi". Era successo qualcosa che mi ero perso; la trota che aveva mangiato il lombrico senza farsi accorgere dal pescatore.

La disputa era già iniziata e io stavo cercando, almeno di capirci qualcosa.
"Hai capito o no , brutto pancione coglione, che tuo figlio voleva strozzare il mio?"
A chi si riferisce il moro incazzato lo percepisco dalla proiezione del suo braccione teso; chiaramente invece capisco cosa pensa di lui, lo sta ribattezzando, in preda a un sadico ghigno, con una sequela di aggettivi fuori fascia area protetta; escono a ripetizione dalla sua bocca, e così tanti da farmeli risultare dopo un po'quasi insignificanti, come penso lo siano anche per tutti i bagnanti del nostro stabilimento balneare, di quelli adiacenti, ma anche di voi se li sentireste, fidatevi. Da quanto urla mi sa che mezzo Tirreno è venuto già a sapere come il moro nero catrame vede il russo, non così grassone come sta dicendo lui, ma di certo in sovrappeso.

A questo punto, capite bene, sono curioso di scoprire chi sono stati i contendenti, fratelli di giochi e contese. Abele mi sembra di averlo individuato: facile, perché il padre, sempre incazzato, non accenna a togliergli dalla spalla la sua manona libera rimastagli; l'altro, terminale di un braccio ancora bello offensivo, non accenna a sbloccarsi da una ormai stucchevole attività di additamento.

E il Caino dov'è? Gli indiziati sono i gemelli russi. Uno di loro è innocente e l'altro è colpevole. Cazzo, la cosa si fa complicata! Non è che visto la loro esasperata assomiglianza si possa fare di tutta l'erba un fascio!
Il nero incazzato, e mentre scrivo vi assicuro lo è ancora, non è che poi sbraitando e urlando mi aiuti poi così tanto a capire chi fra i gemelli ha compiuto il gesto; l'altro, al limite, può essere stato il complice, tipo reggergli un gomito per alleviargli la fatica durante lo stritolamento, o che so altro.

Quindi chi tra i due è il marmocchio dalle manie omicide?
Quello con la paletta che scava? - Oh cazzo, guarda che bel bucone che ha fatto -
Quello che infila la terra del bucone nei secchielli per far formelle con cui sta circondando una coppia di vecchietti accanto sotto l'ombrellone? Voglio poi capire quando decidono di tornarsene a casa, come fanno a passare senza calpestarne qualcuna.
Quello con la paletta o quello col secchiello?
Insomma, dubbi d'estate, che se qualcuno non si decide a lanciare qualche indizio, lasciano per l'aria il profumo del caso irrisolto, roba da "inchiesta sotto il sole" da vedersela apparire in qualche trasmissione attorno alla mezzanotte, in un palinsesto televisivo alla Carlo Lucarelli, tanto per capirsi.

"Io direi di farla finita" sento dire tutto a un tratto in mezzo alla fila di improperi.
"Carneade chi è costui?" Viene da dirmi mentre scrivo. Percepisco che la voce è baritonale, e forse familiare. Sollevando il dubbio per iscritto, non ho il tempo di cogliere ancora un altra volta l'attimo. Ergo, se non alzo il mio capoccione non saprò mai chi è chi si è intromesso nella "singolar tenzone".
Scorgo alle prese con uno sdraio con l'intento di piegarlo e metterlo a posto sotto un ombrellone poco distante. "Cribbio" mi dico, "è proprio il posto di quell'anziano signore col gusto di legger tomi da mezzo chilo, chiaramente datosela a gambe per non aver tollerato il diverbio domenicale in corso", dico scorgo, il sicuro emittente dell'invito baritonale.
Si è rialzato. E di spalle è ancora più mostruoso: sarà forse quella scritta bianca "SALVATAGGIO" a stagliarsi sul caniotterone rosso a darle una caratterizzazione mistica. Mi ricorda tanto Simone, questo bagnino. Simone, si dai, quel santo che col bambino sulla collottola sprofonda e affoga nelle acque durante la traversata di un fiume dalla corrente mortale, non senza prima portare in salvo la creatura soccorsa.
"E tu che vuoi?" gli domanda l'incazzato abbassando il braccio, be' almeno in questo il bagnino c'è riuscito. "Hai visto che quel bimbo ..."
"E dillo chi" mi e gli domando sottovoce, "lo scavatore o il raccoglitore?"
"Ha messo le mani attorno al collo a PierPaolo. Lì c'è la carotide. È pericoloso, cazzo. E lui stingeva! E suoi genitori, del cazzo, quei pidocchiosi russi del cazzo, lo lasciavano fare, loro ....."
"Si dia una calmata, perché se no a morire è lei"
"Ma come ti permetti. Tu hai visto tutto. Da lassù che guardavi. E senza far niente, tu ..."
"Son cose che i ragazzi devono sbrigarsi da loro" gli dice il bagnino con una flemma da lord inglese che cozza con la logorroica passione offensiva espressa dall'incazzato, questo mentre il bagnino chiude l'ombrellone del lettore mattutino.

E con gli inferociti di uno che ha da poco appreso che il mondo ce l'ha con lui. Il braccio comincia a roteare a trecento sessanta gradi, riparte "Tu, loro, voi ....." alla ricerca di un verbo per placare la coniugazione in cui si è incaponito.
Le sue meningi sono chiamate all'unanime sforzo: trovare un verbo, un aggettivo non ancora uscito nella sequela di ingiurie già sparate, sta provocando al suo testone un tremolio che col passare dei secondi è sempre più evidente; la sua invidiabile abbronzatura si sta trasformando in un rosso porpora tipico di chi al mare ci viene un giorno solo; il braccio teso, una volta rigido e risoluto, sta diventando insicuro e barcollante.

E mentre io, noi, tutti siamo in attesa di conoscere com'è diventato il mondo per lui, tanto che ogni attività balneare si è fermata per saperlo: i bambini non giocano più, i vecchietti non leggono più, i russi non ridono e io non scrivo più visto che tutto, dico proprio tutto, si è fermato .... Ebbene lui, raggiunto l'apogeo della disperazione, apre la bocca e sapete cosa fa? Alita. E lo fa per parecchi volte. E dopo una mezza dozzina di iper ventilati respiri gli occhi tornano essere quelli della tigre, il viso torna paonazzo, il braccio è bello teso come il dito indice degno suo prolungamento che ci addita proprio tutti.
"Tu" inizia a dire indicando il bagnino; "e voi" spostando il dito sui russi; "e loro" saltando ai gemelli, ma anche ai passanti e forse anche a me - vuoi vedere che gli sto sulle palle anche io-, "voi" ripete spostando il braccio e il dito a chi tocca tocca come se fosse una mitragliatrice "voi siete cattivi". Proprio così parlò Zarathustra.
E l'aria soddisfatta scaccia il ghigno; gli occhi si placano, il braccio e il dito si prendono pace e tornano ad aiutare l'altro in operazioni più pacifiche: ripiegare il suo telo; chiudere lo sdraio; abbassare l'ombrellone; riempire borse e borsettine, portarsi ai piedi le ciabatte, e come un vigile, invita la famiglia a raccattare tutto e avviarsi alla passerella.

Questa struggente capitolazione me lo fa apparire di colpo come Napoleone Buonaparte che, persa la battaglia decisiva, non gli resta che varcare la porta dell'esilio.
Rassegnato, col collo a penzoloni, si avvia dietro la sua truppa già partita davanti in fila indiana verso la passerella, dietro di loro un lento movimento delle gambe.
E io non posso fare altro che prepararmi a iniziare a scrivere l'epilogo e a far scorrere l'elenco dei nomi dei personaggi principali e secondari che si sono successi di questa fantastica domenica.

Ma come capita in un giallo di alta suspence, succede quello che non ti aspetti: il trambusto di sdraio contro sdraio,di ombrelloni divelti, lettini che si schiantano; tutto ciò a farmi capire che devo sospendere la scrittura dell'epilogo, rialzare la capoccia perché Napolenone è fuggito dall'isola d'Elba e quei rumori ne sono la dimostrazione.
Era tutta una messa in scena, cari miei lettori. L'avere lasciato andare avanti la famiglia era un pretesto, e la pensilina, il suo cavallo di Troia: percorrendola si sarebbe avvicinato nel campo nemico, nel territorio russo, e quindi più facile sferrare l'attacco.
Obiettivo? Restituire pan per focaccia, ossia, tradotto in soldoni: raggiungere il collo del padre del Caino russo: non mi dite come a fatto ad arrivarci ad afferrarlo lassù, magari a omicidio concluso lo chiederò di certo a qualcuno.

Non so come ce l'ha fatta a montargli sulla schiena e ad agganciarsi al collo del russo, con questo che cerca inutilmente di disarcionarlo. Sarà dura, su questo non c'è dubbio: il collo taurino del russo è tanta roba, e prima di fargli esalare l'ultimo respiro a Napoleone occorrerà impegnarsi, anche se ciò non sembra preoccuparlo più di tanto.
Nel campo di battaglia che è diventato il lato destro del Bagno Adele i personaggi principali e secondari risfilano dai titoli di coda per tornare a essere vividi nella scena, tutti dietro Napoleone e il suo destriero che corre, corre in su e giù per il bagno in cerca di aria vitale. Chi l'avrà vinta? Sará Austeritz o Waterlo?

E mentre vedo passarmi davanti per la terza volta il destriero con sopra Napoleone, con dietro la moglie e i bambini del cavallo, la moglie e il bambino del cavaliere, i bagnanti del lato destro del bagno Adele, tutti urlanti e preoccupati, in una scena già vista in un filmone dei fratelli Marx, mi viene il dubbio se non devo fare anch'io qualcosa, quel qualcosa che forse mi aspetterei dal bagnino.
E quel tangano con la grossa scritta SALVATAGGIO sulla schiena dalla voce baritonale, che fino a quel momento non aveva mosso un piede o un dito, contemplando ciò che stava succedendo, appoggiato su un manico di un ombrellone sapete cosa fa? Al nuovo passaggio davanti a lui solleva il bastone e "stock" te lo schianta sul cranio di Napoleone disarcionandolo.
Fine della corsa.
Tutti fermi,
tutti zitti,
fine di tutto.
Il silenzio calato nel bagno si infrange solo dai deboli lamenti di Napoleone disteso immobile sul campo di battaglia. Sollevato da terra dal bagnino neanche fosse un fuscello, il bagnino se lo porta sulle spalle e, afferrato per mani e piedi, manco fosse una capretta, inizia una camminata verso l'infermeria del bagno Adele.

Mutismo e rassegnazione e ciò che avvolge il bagno, tranne il sottoscritto che in preda a risate, rimessosi le cuffiette dell'iPod, mette un punto su questo fantastico scazzo d'Agosto.


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