sabato 29 marzo 2014

Ritratto di giovane donna detta Laura - Giorgione

Stavolta si parla di seduzione, ancora freschi della appena trascorsa festa delle donne, sempre più convinto che l'8 Marzo sia il simbolo della sana gioia voglia di vivere: piacendo, piacendosi.

L'arte fa suo questo concetto dimostrando il suo massimo valore quando riesce a rinnovarsi, a trovare elementi che ne festeggino il suo primato dando allo spettatore uno stimolo a riflettere sul perché l'opera artistica che ha davanti gli piaccia davvero.

Una ventina d'anni fa, arrivato a Vienna a bordo della mia gloriosa motocicletta,  fra le tante cose in programma c'era anche una visita al Kunsthinstorisches Museum: guardate che il nome sembra una pizza, ma vi assicuro che in realtà é uno vero spettacolo per gli occhi: ci sono opere del più grande pittore fiammingo: Van der Eyck; del divertentissimo Bruegel, che solo per i suoi quadri esposti vale la visita; opere del Rubens, del Mantegna; l'estate dell'Arcimboldi e .... mi fermo.

Anzi no, vado avanti, perché l'opera che più mi colpì, e di cui voglio parlare oggi, fu un quadretto realizzato nel  1506 grande  cm 41 x 33,5, riguardante una fanciulla che voglio immaginarla una giovane sposa, e l'alloro di cui è circondata, il simbolo della sua castità; e non una veneta cortigiana: figura abbastanza comune nel periodo in cui fu  realizzata questa opera.


L'autore? L'inestimabile Giorgio Zorzi da Castelfranco, detto Giorgione. Un vero mito, nonostante abbia realizzato meno di una decina di opere, francamente poche, anche perché morto non ancora trent'enne.

Il titolo del quadro?  Ritratto di giovane donna detta Laura. Questo nome gli fu assegnato quando si trovò nella collezione di Bartlomeo della Nave nel 1636, forse proprio per la presenza del alloro (o lauro).

Perché mi piacque? Semplicemente per come si esponeva nel quadro quella giovane donna dal nome Laura: per quel viso e il busto rotondetto, a stagliarsi sulle fronde d'alloro che le fanno da sfondo.
Avvolta da una cappa rossa foderata di pelliccia aperta proprio sul davanti; per quella capacità di portare con grazia e magistrale seduzione il suo velo arrotolato che attraversa il busto: forse un simbolo nuziale, a scoprire il seno: un simbolo di fecondità.

D'altronde l'arte deve essere in grado di sprigionare in noi tutte le arbitrarie interpretazioni: valutando le contingenze del periodo in cui il pittore la realizzò: l'opera  fu realizzata quasi quattrocento fa, ma anche, e soprattutto, considerando i pensieri che ci frullano in capo quando ci si immerge nella vista dell'opera. 

Ne rimane la bravura del Giorgione che riesce in un contrasto di chiaroscuro a cancellare il contorno, lui antesignano e promotore della "pittura tonale", in cui si staglia il mezzo busto della bella donna giovane. 
Un diafano contorno costituito da un intreccio di foglio all'oro, a mettere in risalto , per dirla  alla Vasari "una cosa viva e naturale" un seducente corpo di donna. 
Questo sì in risalto, a sua volta incorniciato dal rosso purpureo della manica e la pelliccia a far puntare l'attenzione sul corpo della giovane, dove un vezzo, un particolare - ecco di nuovo il particolare -, è chiamato a sottolineare il volte dell'artista: il velo trasparente che scende nel décolleté della giovane donna.

Un vero maestro, insomma, che aveva fatto buoni proseliti: invito a una visita agli Uffizi ad ammirare la mai non troppo osservata Venere di Urbino, dove il chiarore della donna è messo in evidenza dal lenzuolo bianco con un gioco di chiaro scuro e toni dello stesso colore, dimostrando che l'autore, il suo allievo Tiziano, ben aveva capito la lezione.

Ma il maestro, come si dice, é sempre il maestro, e nel suo quadro, Giorgione, sfodera un tocco di classe: prende una matita rossa e, poco sotto il lembo del velo, quasi che esso ne tracci la via, appone un semicerchio, quasi una sbavatura, a evidenziare il punto che rende il quadro sensualmente diverso dagli altri che trattano di seduzione: più che un disegno, l'idea compulsiva che la nostra mente può far sua di un giovane capezzolo.

Giorgione riesce a lasciare chi guarda  a continuare a ideare questo particolare: lui ci ha messo con un accenno della sua matita rosa senza affondare il concetto, lasciando un'idea, che tocca a noi con la nostra fantasia a ultimarne un opera, forse, magistralmente incompiuta.


Dialogo tra sordi

- Abbozzala
- A fare icché
- A guardarla
- A guardarla chi
- Quella che tu punti da due ore
- Beh, non male
- Eheheheh
- Eheheheh, icché 
- Canone anche lei?
- Di sicuro
- É grassa
- Dove?
- Un po' ovunque 
- Tu non ne capisci un cazzo
- Arritonfa
- No, te lo ridico, tu ...
- ... tu, non ci capisci un cazzo. E ho capito
- Lei é la Laura del Giorgione
- Chi lei? Quella che vuol far vedere icché non c'ha?
- Un accenno, grullo, semicoperte da suo foularino
- Semignude, dal suo foularino
- Che ne capisci te, Giovanni
- Oh, sentiamo
- Il particolare in risalto. La sciarpetta che lo copre e non lo copre. Che rende un décolleté perfetto.
- Non ha seno 
- Ce l'ha, ma non conta 
- Da' retta, conta 
- La sciarpetta che copre e non copre quanto basta
- La sciarpetta che copre e non copre niente: non ha seno 
- Quell'accenno di seno è speciale. Lo scialle che fa vedere e non vedere è speciale
- Tu sei grullo, in modo speciale
- Tu non capisci un cazzo
- Finiamola 
- Finiamola 


Racconti d'arte - Gomitolo

venerdì 14 marzo 2014

Making movies - Dire Straits

Passi davanti a  un negozio.
Ti soffermi: non lo avevi mai fatto prima.   Allora perché questa volta sì e tutte le altre volte ti sei limitato a passargli solo vicino?
In fondo la roba, su per giù,  era la stessa. Sì, ma questa volta è diverso.

Ok, ma perché?
Cinture bullonate, giubbotti col chiodo, caschi darcheggianti, magliette con  diti medi a stagliarsi su fruit nere, insomma  tutte quelle cose di colpo  ti sembrano interessanti.

Ma non è questo il vero motivo, ora ve lo dico.
Perché quei fetentoni del negozio passano della musica giusta.
Vai, detto.
E quindi che si fa in questi casi? Ovvio, si entra.
Ma a te quella roba piace? No, mai piaciuta, confermo.
Questo comunque non è un buon motivo per non varcare la soglia, giusto?

Bene, sono entrato.
Prima cosa controllare l'acustica: le casse sono delle Bose, le ho riconosciute; sono parecchie, e messe nei posti giusti.
E mentre tasto  giubbotti di pelle nere con fibbie sparse da tutte le parti, un pischello con la cresta armeggia sotto il banco e, udite, udite, sapete cosa fa  lì sotto? Mixa qualcosa. Percepisco subito essere roba grandiosa, molto grandiosa: è un inizio di un pezzo anni ottanta, che quando venne suonato per la prima volta  forse era  nei pensieri di chi  ha messo mondo, 'sto Cocix.
Ma voglio pensare che questi due in fatto di musica la sapevano alla grande, se poi 'hanno trasmessa per DNA i gusti al figlio.

Sì, sì, sì!  Sì, è uno dei miei pezzi preferiti in assoluto. Uno dei primi, ma che dico  trentatré, uno dei primi dieci pezzi da portarsi in un isola deserta; una canzone da sentire come ultimo desiderio davanti a un plotone di esecuzione.
La chitarra elettrica da  due "gozzate" e sale in cattedra.
Spero tanto che quel coglione di ragazzo dai genitori grandiosi, gliela dia una bella girata al volume dello stereo, da far schizzare in aria  le Bose.

Mi ha sentito, mi ha sentito:  si è nuovamente abbassato!
No, io non gli ho detto niente ma evidentemente ha capito.
Ma che ha  fatto?
Ha abbassato il volume, cazzo. Allora  non ha inteso una beata mazza!
Quando risale gli lancio un'occhiatacccia;  la mia mano destra  gli sta facendo segno  di avere fatto una cazzata, e la sinistra lo esorta alla rapida correzione.
"Alzo?" Mi chiede timoroso.
"Alla gande" rispondo.
E lui obbedisce. Lo fa prima che Mark Knopfler  cominci a lanciare il primo messaggio di Tunnel of Love dall'album Making movies: "Getting crazy on the waltzers ……"  e poi via al galoppo con i Dire Straits.

Con quel pezzo a tutto fuoco, i giubbotti chiodati diventano degli stupendi giubbotti chiodati, i caschi? I caschi, fantastici: prima o poi, penso che dovrò comprarmene uno, e un bel calcio a quello vecchio; e in fondo, diciamola tutta: un bel dito medio su una maglietta nera, bè  "staglia" bene.
Il pollice e il  medio  della mia mano destra schioccano che è una bellezza, e il mio tallone su quel parquet consumato, anche se calzo scarpe da ginnastica, mi sa che se lo sentono  rimbalzare un po' tutti.
" … on the tunnel of love" ci sorprendiamo a cantare io e quelli laggiù alle casse.

E giù per quei corridoi che con la scusa di ciancicare roba, mi godo quella canzone che mi ricorda mille emozioni.

Siccome il cliente ha sempre ragione, mi lasciano ascoltare senza missaggio, e va bene così, il pezzo subito dopo:  Romeo and Juliet in onore, anche se loro come possono saperlo, dei miei arpeggi  di quella canzone che da pischello provavo a riprodurre sulla mia chitarra. Un ritmo più lento ben si addice in quel momento, visto che ero alle cinture. Cazzo, come sono brutte! Talmente brutte che ne ho adocchiata una  che sui miei jeans potrebbe stagliarsi alla grande.
"Vuoi vedere che me la compro?" Mi domando.
"Ma certo?" Presa.

Me la sto  provando:  sì, è senz'altro una provocazione che faccio a me stesso. Come del resto lo è la terza canzone di quell'album Skateaway, un ritmo e una cadenza che a poco a che vedere con il paio canzoni precedenti, ma che secondo me nel CD per i più giovani, ma LP per me visto che li ho entrambe ehehehehehe ;).

Serve anche per anticipare il quarto pezzo che secondo me è fantastico : Expresso love. Con questo pezzo ho ripreso a trottare, visto che sono arrivato ai pantaloni in pelle:  ma per comprarmeli,  e soprattutto mettermeli,  ci vuole un fegato che forse a quarant'anni potevo anche  avere, ma che ora a cinquanta suonati, la cosa si fa  dura.

Con Hand in hand, il quinto brano, ne succederanno  delle belle. Sono arrivati altri clienti: gente anonima, quarant'enni con pantaloni in piega, i maschietti, e le donne con sottane alla Cenerentola, non quella al ballo col principe, magari, ma quella versione stracci e fornelli, per intendersi.
Questa fila di coglionazzi, ha lo sguardo del tipo "guarda che cazzo, vendono questi" e quando  mi vedeno con la cintura chiodata sulla camicia che porto  fuori dai pantaloni, penso che si siano anche detti "ecco a chi la vendono".
Sono sicuro che  anche colpa mia  se il loro passo si accelera verso l'uscita.

Realizzo presto che non è una gran perdita visto che Cocix e soci, alla cassa vicino all'uscita, dopo un striminzito saluto alla banda "anonimi",  danno  una ulteriore svalvolata allo stereo considerato l'arrivo dell'ultimo pezzo dell'album:  l'intramontabile Les boys.

 E mentre pago la cintura, che non ho  intenzione di togliermi dalla vita  uscendo dal negozio, do anche  il cinque, subito contraccambiato.

Grande, veramente un gran bel negozio che consiglio, veramente, gran bella musica.

Dal blog Trentatre
Making movies - Dire Straits
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