domenica 29 dicembre 2013

Bello come leggere e scrivere



C’è un altra cosa bella come leggere, scrivere. 

Ballare!

Avrei potuto dire acoltare musica, è vero. Ma la sublimazione di quando uno ascolta un qualsiasi pezzo musicale è muoversi. 

Fateci caso. Anche ascoltando pezzi di musica classica, quando arriva il tema principale o un interludio particolarmente piacevole, chi lo ascolta, anche senza volerlo, ha bisogno di apostrofarlo con un movimento: anche questa è una forma di ballo.

 Lo vedo come uno strumento che serve a interagire in tempo reale con i nostri sentimenti. 

Anche quando ascoltate un pezzo particolarmente struggente o commovente avete voglia di interagire con i vostri sentimenti: scuotere la testa, muovere gli occhi, spostarsi per aiutare la mente a ricordare: anche questa è una impercercettibile forma di ballo. 

Sì, ho estremizzato, e l’ho fatto volutamente per andare al nocciolo della questione: il ballo è vita.

Quindi chiunque esercita una professione che permette di interagire facilmente con i nostri sentimenti,  deve avere, secondo me,  il massimo del rispetto. 
Musicisti, cantanti, Disk-Jochey, eccetera, eccetera: chapeau!

Ovvio  che ci sono quelli ti piaccio di più e quelli di meno. Ma ciò non vuol dire niente.  Tutti devono essere apprezzati indistintamente. Esorto quindi caldamente anche voi  a compiere un gesto rituale che svolgo quotidianamente quando passeggio per la città. 
Ogni qual volta m’imbatto con qualcuno seduto in un angolo a vendere strumenti di interazione con i miei sentimenti, mi fermo, apro il portafoglio e deposito nella suo bicchierino un soldino, ringraziandolo con un sorriso. 
Di tutto posso fare a meno ma non rispettare chi ha cura dei miei sentimenti.

Ora, in omaggio a chi in una discoteca fuori porta mi ha sfidato su questo campo, devo svelare chi sono per me i due sacerdoti, i due grandi comunicatori di sentimenti. In realtà sarebbero quattro, e quattro  saranno. Per ora,  però, parto da due, con due relative canzoni.

Non ho dubbi per me sono il Re e la Regina. Morti entrambe,  e me ne dispiace tantissimo. 

Mi piace ricordarli lassù a parlare insieme. Magari a una festa col bicchiere in mano a parlare di noi e a come ci hanno fatto divertire.  
A discutere di quale potrebbe essere la loro migliore canzone, quella che è riuscita maggiormente a non poterci fare a meno di alzarci dalla sedia per potere almeno spostare avanti il nostro piede destro, poi portarlo indietro; per poi passare al nostro sinistro e portare anche questo indietro. 
E poi visto che c’è , perché no:  rifarlo! 
 Magari aiutandosi col bacino: il bacino che spinge in avanti prima il piede destro e poi il sinistro. E trovarci gusto: tanto che sono anche le braccia a portare avanti il bacino, che a sua volta muove il destro e il sinistro. 
Con le ginocchia  che si piegano: no, non lo hai voluto tu, ma loro lo fanno lo stesso, con te che assecondi, perché consideri che sia giusto farlo.


Il Re: “ Caro Freddy, per me rimane sempre 'Blame in to the boogie'. Con dietro tutti i miei fratellini che suonano tutti insieme.”
La Regina:" Vero. Piace anche a me, Michael. Io invece penso a 'Don't stop me now'. Si penso vada bene per quelli."
Il Re: "Sì, li vedo. E come si fa a dirlo a Giacomino? Al loro DJ laggiù, che sta passando dischi a quei tardoni dei suoi amici?"
La Regina: "Tranquillo, ha già capito. Lo vedi? Ha già alzato gli occhi in cerca di ispirazione: ci ha visto." 


Sono le mie, fermi. Mi fa piacere che sian queste le canzoni di cui parlano in quella  festa lassù mentre ci guardano. E noi giù a ballare, ogni tanto alzando la testa, ringraziandoli per tutti bei momenti che ci hanno fatto e che ci faranno passare. 

Ancora grazie.



Racconti musicali 
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domenica 22 dicembre 2013

Il bello così come non è mai stato



- Carina, cavolo.
- Chi? Quella lì?
- Certo, lei. Veramente, belloccia.
- Mah.
- Mah, che?
- Sì, sì ...
- Sì, sì, che? Vorresti dire che non è toppissima?
- Fianchi un po' larghi.
- Fianchi un po' larghi? Ma che dici 
- Giovanni? Ma l'hai vista bene? Lascia stare che potrebbe essere mia nipote. Apprezza  un complimento oggettivo: lei è un esempio di canone di sicura bellezza. E che poi ....
- Canone di sicura bellezza, boh.
- Sì, caro. Lei è un canone di sicura bellezza. Un po' come "La Venere di Milo", lo era per l'Antica Grecia.
- Senti, Milo. Non ti ho detto che non è bella. E' farla passare, come hai detto ....?
- Canone di sicura bellezza.
- Ecco, sì, sì, canone ..... Mi sa che ce ne vuole. E ora che fai? Telefoni?
- Toh, guarda. Wikipedia. È lei: La Venere di Milo.
- Ah, è lei?
- Sì, è lei.
- Lei è il canone?
- Sì, lei è il canone.
- Senti, Enzo. Non te la prendere, ma tu di donne non ne capisci una sega. E ora ti lascio perché ho un appuntamento.
- Vai da quella.
- Sì, Carla.
- È da quel cesso, che vai.
- Ehhhhh, te ne sei preso a male. E tutto perché t'ho offeso la tua Milo, che poi oltretutto è anche una statua, e per giunta senza braccia.
- Vai, vai, Giovanni.
- Vado, Enzo.
- Ciao, Giovanni. Salutami il tuo cesso.

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In cento anni cambiò tutto. E ciò avvenne in Grecia tra il terzo e il primo secolo avanti cristo. 
Porto due opere a confronto: 
- Polimede di Argo - I fratelli Cleobi e Bitone - 615-590 a.C. - Museo archeologico di Atene 
Parassitele - Ermete con Dionisio fanciullo - 340 a.C.    - Museo archeologico di Olimpia. 

E ora si parte: 

Nel sesto  secolo avanti Cristo chi realizzava arte veniva considerato alla stregua di una lavoratore comune, tanto da passare inosservato o quanto meno irrilevante rispetto all'opera eseguita. La classica marchetta, tanto per banalizzare ;).


Dopo duecento anni, invece, il marchio di fabbrica comincia a essere rilevante: le biografie degli artisti scritte in quell'epoca ne sono evidente riprova. 

Ma è sempre l'abito che fa il monaco. 

- Polimede di Argo - il fratelli Cleobi e Bitone - 615-590 a.C. Museo archeologico di Atene 


Le sculture a partire del sesto secolo a. C.  raffigurano gli stessi personaggi di un paio di secoli dopo, ma mentre  le prime ne danno parvenza e sono poco inclini a raffigurare i particolari, quelle del periodo preso a confronto, ne scavano il profondo alla ricerca del dettaglio, fino a enfatizzarlo al punto di renderlo sinonimo di perfezione. 


Mai troveremo in queste, nasi torti o ipertrofici particolari anatomici. 

È tale la perfezione che le sembianze umane vengono usate dagli scultori del quarto  secolo a.C. per immortalare in marmo le divinità mitologiche in cui tutti i greci credevano. Fino a rendere quei canoni una cartina di tornasole per valutare l'oggettiva bellezza del tempo.

Parassitele - Ermete con Dionisio fanciullo - 340 a.C.    Museo archeologico di Olimpia.

 Armonia e perfezione sono elementi imprenscindibili per far arte in Grecia, fino a quando a calcare la scena arriverà' Alessandro Magno. 



Da allora  sara' il binomio artistico  costituito dalla forza e dalla potenza a soppiantare il culto della bellezza fine a se stessa. 
Dimostrazione ne è l'opera di seguito riportata che ben rispetta ciò che si voleva nell'epoca ellenica rappresentare. 

In duecento  anni tutto cambio'. 
E l'arte, anche a millenni di distanza, ne sta ricevendo ancora i benefici.  
Non solo l'arte romana ma quella rinascimentale, post-rinascimentale e le epoche subito dopo.  
E ancora oggi tanti artisti intraprendono nuove strade ispirandosi al glorioso passato. 


Ricordo a tutti con piacere che nel Trecento, propri o nella mia  Firenze,   allora antico centro mercantile,  gli artisti ritenevano che toccava a loro ricostruire arte, scienza e cultura andate distrutte con l'avvento dei barbari. 
Alessandro, Atenodoro e Polidoro di Rodi - Laconte con i figli - 175-150 a.C. Museo Pio-Clementini dei Musei Vaticani  


Insomma, un passato che poteva essere rivissuto aprendo una nuova era. 
Ma questa è un altra storia ;) .

 E andando per musei: al Museo Archeologico di Atene, sontuoso e suggestivo; al Louvre a Parigi, bello e romantico con la sua Venere di Milo; e non per ultimi negli enigmatici  musei vaticani, gli  intrecci col passato si sciolgono conducendo il nostro pensiero a Parassitele: alla sua concretezza, alla sua capacità di definire il bello così come non è mai stato.



Racconti d'arte 
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venerdì 13 dicembre 2013

Arte: istruzioni per l'uso


Ma poi c'è l'arte. Un giorno chiarirò bene cosa intendo io per arte. Questa sontuosa parola che per alcuni attrae e altri allontana. 

Per ora me la sbrigo chiarendo che per me non è altro che uno strumento per migliorarti la vita. 


Che dire: faccio la doccia? Se si ha furia si può farla anche in fretta: te la sbrighi facile. Ma se hai un cesto di capelli tipo il mio, ad esempio, be' non è un "mordi e fuggi": hai da smenartela parecchio, se non hai un phon. 


E se torni tardi dal lavoro e hai una fame atavica, se hai tutto, dico tutto, compreso il pane, in freezer, che fai: aspetti? No, bello! Se hai un microonde, sbrini e, poco dopo, diamine, mangi. 


Ecco, io con l'arte ho lo stesso primitivo impatto che ho col phon e il microonde.

A me l'arte serve per togliermi l'umidità di dosso e sfamarmi l'animo.

Torno a casa con quelli che mi girano a palla? Be', la prima cosa che faccio, con tutto ancora addosso, è agganciare un po' di libri d'arte della mia libreria: i primi, i preferiti, sono quelli dei musei che ho visitato: gli sfoglio manco fossero riviste trovate dal barbiere o dal dentista alla ricerca della folgorazione, della rappresentazione artistica capace di sbrinarteli. 


E avuta, perché sai che l'avrai, cominci a riprendere a fare le cose normalmente: ti togli giacca e cravatta; poi le scarpe, sostituite al volo dalle  ciabatte: tutto mentre fissi l'immagine trovata. E mentre ti spogli e rivesti, ti plachi. 

Succede, ve lo assicuro: ti plachi. E prendi a fare faccende domestiche sempre con a portata di mano quell'immagine. Questo fino a quando l'umidità nel tuo animo sparira' e comincerai a cibarti di ciò che ti è mancato rendendoti umanamente presentabile. 

Provare per credere ;) .



Racconti d'arte - Gomitolo
(Dipinti di Rosso Fiorentino)

sabato 7 dicembre 2013

Speaking of Now - Pat Metheny

Non è il suo suo migliore album probabilmente, ma siccome evoca in me ricordi e sensazioni a iosa, sono sicuro che lo stesso Pat Metheny mi darebbe una pacca sulla spalla e approverebbe la mia scelta.


Con l'LP Speaking of Now vorrei in questo intervento far capire come un trentatre, quando ascoltato, ti puo' far fare i conti anche con la malinconia: il desiderio dell'oggetto perduto!

Una serata dell'Estate 2002 a Sesto Fiorentino. Un concerto e che concerto! Allo stadio del  Polo Universitario la Pat Metheny Group presento' ai fiorentini che erano accorsi ad ascoltarlo il suo ultimo album di cui il sottoscritto non aveva ancora ascoltato una nota.

La serata estiva era  perfetta. Il concerto iniziava all'imbrunire per cui le prime note sarebbero state scandite con il tramonto. Trafelato ero arrivato dal lavoro col mio scooter e all'entrata, chi mi aspettava con i biglietti in mano, e avrebbe assistito con me a quell'evento,  era una persona speciale, colui che mi aveva fatto conoscere la musica di quel fantastico artista che è Pat Metheny.

Io e il mio amico ci stavamo accomodando per assistere soli, insieme alle altre poche migliaia di persone che ci circondavano, il suo concerto, con la sensazione che lui lo avesse preparato apposta per festeggiare la nostra grande amicizia.

Pat Metheny come pochi altri sa scegliere la giusta scaletta di pezzi da presentare in un concerto, come conosce bene del resto quali possono essere le giuste voci che possono accompagnare e valorizzare al meglio i suoi pezzi.
In "You" e "Another life" ne abbiamo un esempio. Sono brani che evocano atmosfere rilassate, e allo stesso tempo, valorizzano gli arpeggi della chitarra acustica. Quante volte in quella fantastica serata le nostre lattine di birra si sono incrociate per sottolineare un buon arpeggio e i risvolti straordinari che i pezzi di questo album possiedono.

A sole calato abbiamo abbandonato le gradinate per raggiungere il prato del campo sportivo per metterci poco distanti dal palco dove stava maturando quella indimenticabile performance.

Un po' come hanno fatto altri, sdraiati con le braccia sotto la testa, grazie a "On her way", abbiamo fantasticato sulla nostra vita, perche' questa e' un canzone che fa fantasticare chiunque, d'altronde guardando la banda che si esprimeva tutta al top non sarebbe potuto essere diversamente. Eh si, perche' il jazz di Pat Metheny e' cosi', ti fa volare, e spesso ti succede di arrivare in fondo all'ascolto di un suo pezzo con tu che hai pensato veramente a tutta la tua vita.

Poi in questo album ci sono pezzi no comment, come "Afternoom",  che si commentano da soli: la voce di Cuong Vu in questo eccellente brano si sposa benissimo con la melodia espressa dagli strumenti, un po' come l'amicizia quando e' armonica e importante, come del resto consideravamo la nostra io e il mio amico.  La dimostrazione  era avvenuta anche quella sera, quando in "Proof", Lyle Mays, nei suoi giri armonici alla tastiera dimostra, oltre di essere un grande solista, anche di essere capace a preparare il giusto spazio agli inserimenti dei suoi compagni: come la tromba sempre di Cuong Vu, e poi di tutti gli altri in un unico crescendo. Tutti insieme insomma:
Pat Metheny, chitarra;
Lyle Mays, tastiere;
Steve Rodby, basso acustico;
Richard Bona, basso, chitarra, percussioni, voce;
Cuog Vu, chitarra, percussioni, voce, tromba;
Antonio Sanchez, batteria.

Armonia appunto!

La musica di Pat Metheny offre anche eccellenti pause musicali che servono a creare, come si dice, "ambiente". In questi frangenti si ha tempo per guardare chi ti circonda. Con "Where You go" e "A place of the world", io e il mio fraterno amico ci siamo guardati intorno e ci siamo accorti anche di chi ci circondava.

E poi ci sono i brani fatali, quelli che fanno capire che anche le cose belle hanno un fine, brani che andranno ai posteri un po' come la Nona di Beethoven, quelli che fatalmente ti fanno ricordare cose belle ma anche cose tristi, come l'ultimo bis di un concerto ad esempio: rimangono scolpiti nella mente ed evocano solo quella cosa, come la storia di una perduta amicizia, come lo e' ascoltando "As it is" ultimo bis di quella stupenda serata.


Ciao Ciro, anche se non leggerai mai queste righe, l'intervento di oggi è dedicato a te!

Dal blog Trentatre
Speaking of Now - Pat Metheny 
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